Martedì 16 febbraio varchiamo il confine del Belize, salutando il Guatemala, una terra di differenti colori e paesaggi, di gente amabile, di grande storia e Civiltà.
Entrando, si nota immediatamente l'influenza britannica e non solo per la lingua inglese, maggiormente parlata, ma anche per l'architettura di alcune residenze e dai verdi prati ben rasati.
Entrando, si nota immediatamente l'influenza britannica e non solo per la lingua inglese, maggiormente parlata, ma anche per l'architettura di alcune residenze e dai verdi prati ben rasati.
Ma presto, questo stile ordinato e rigoroso sparisce e tutto cambia: dirigendoci verso la costa, lasciando la zona montagnosa, attraversiamo una estesa e fertile pianura alluvionale , interamente coltivata ad agrumi ed i villaggi che incontriamo sono costituiti da case a palafitta in legno, alcune malmesse, altre trascurate , abitati da popolazioni di discendenza multirazziale: meticci, afro americano, cinesi e indiani ed altre numerose etnie.
Con facce simpatiche, saluti spontanei e tanta disponibilità ci accolgono i locali dei piccoli villaggi sul mare di Hopkins prima, e Dangriga, poi. Ed i bimbi, colorati nelle loro divise, affollano le scuole in riva al mare. Un incontro inaspettato ci riconferma che non esistono limiti per chi ha forza e volontà di viaggiare: lui svizzero e lei italiana, su di un sidecar assieme al loro figlioletto Leonardo di soli 8 mesi, stanno compiendo il giro del mondo. Un'avventura incredibile!
Proseguiamo verso Belize City e ci ritroviamo su di una pista di terra scarlatta, che prosegue lunga chilometri, attraverso distese pianeggianti, paludi e lagune.
In una di quest'ultime, la Southerm Lagoon, ci ritroviamo a dormire, raggiunto il punto più estremo di una sottilissima lingua di terra che ne solca le acque ferme e pacate.
La mattina di giovedì 18 riprendiamo la pista bagnata dalle pioggie della notte. Attraversiamo qualche ponte in legno su fiumi nascosti dalla vegetazione silvestre, ci investe un acquazzone tropicale che subito dopo il sole allontana. Arriviamo a pestare l'asfalto e continuiamo verso la ex capitale. Giunti al suo piccolo aeroporto bagnato da piogge incessanti e vento generoso, prenotiamo per l'indomani il volo sul Blue Hole, una delle maggiori bellezze naturali del Paese.
Il piccolo Cessna 182 di 4 posti compreso il pilota, ci attende sulla pista sul bordo del mare. C'è vento, ma fortunatamente un sole accecante. Decolla rapido e subito sospesi in aria apprezziamo, già dopo alcune miglia, il mare del Belize:
Sino a sorvolare il magnifico Great Blue Hole, una dolina carsica perfettamente circolare, dal diametro di oltre 300 metri. Un gigantesco occhio blue in mezzo all'atollo di Lighthouse Reef, le cui pareti verticali si inabissano per più di 100 metri, tra stalattiti lunghissime e passaggi angusti.
Uno spettacolo della natura, che sorvoliamo anche a bassa quota per avvertire ancora un ennesimo brivido.