sabato 27 agosto 2016

Dalla Tierra del Fuego all' Alaska: i numeri del viaggio

È il primo aprile 2014 quando varchiamo il cancello di casa per inseguire un sogno: viaggiare per le Americhe, partendo dall'estremo sud, Tierra del Fuego , e raggiungere l'ultima frontiera all'estremo nord, l'Alaska. E l'8 agosto 2016 quel sogno finalmente possiamo dire, con grande soddisfazione, si e' concretizzato!

Una fantastica esperienza che ci ha visti protagonisti, assieme al forte ed inarrestabile Narciso, di un viaggio che sarà unico e "per sempre", che ci ha regalato emozioni indelebili e sensazioni palpabili a pelle e nell'animo, che ha toccato le corde più intime per diventare parte di noi, che ci ha messo a dura prova in non poche situazioni, ma non ci ha mai riportato nei nostri passi, anzi ci ha condotto con tenacia ancora più in là,  superando difficoltà, avversità,  sconforto e fatica, appagati da scenari magnifici e riproducibili solo da Madre Natura, che rimarranno impressi nei nostri occhi e nei nostri cuori per sempre, come i sorrisi e gli sguardi di migliaia di persone che abbiamo incrociato nel nostro tragitto, come le mani strette e gli abbracci ricevuti, come le amicizie nate per strada e consolidate lungo il tragitto.

Alcuni dati tecnici:
Continente : America
Stati attraversati:  20
Km percorsi:   55900
Off road:   65%
Asfalto:     35%
Carburante:    11700 litri
Consumo gas:     42 kg
Consumo acqua servizi:   10800 litri
Passaggi navali:         23
Assicurazioni veicolo:   14
Tagliandi:  4
Pneumatici:   2 treni e mezzo
Giro gomme:  4
Sostituzioni:  4 ammortizzatori, 1 molla posteriore, 1 barra di accoppiamento, 2 dischi freni e pastiglie
E perché tutto ciò si realizzasse, un grazie speciale va alle nostre famiglie che ci sono sempre state vicine, nonostante le distanze che ci hanno separato per lungo tempo e che ci hanno sempre e comunque fatto pervenire il loro sostegno, anche da lassù.
Grazie anche ai nostri partners che idealmente hanno "viaggiato con noi":

Mercedes  Benz Trivellato Veicoli Industriali:   una garanzia
Getac:    affidabilità no limits

Gobbo Salotti:  comfort con stile
Profteq:   passione e amicizia


Orizo: resistenza e durevolezza


Fiamma:    versatile e universale

D.m.c.:  espressamente con noi


Thetford:   indispensabile

Symphony:   creatività ed estro
Ghirardello Infissi:  protezione e sicurezza



E poi gli amici di Studio Artax, Diesel Power Club 4x4, Osteria dai Bonfi, Raid Inside , Hungry Wheels, Adventure 4 you, Camper 4x4, Gialdini.


Arte
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Drink&Food

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                           Il viaggio continua ed il nostro motto rimarrà sempre e comunque
                                .......libera il tuo tempo........






sabato 20 agosto 2016

Salutiamo l'Alaska

Giovedì 4 agosto lasciamo Valdez in una mattinata piovosa, ripercorrendo a ritroso la strada che ci ha condotti sino a li'. Ci soffermiamo al Whorthigton Glacier, raggiungibile piuttosto da vicino salendo a piedi un sentiero pietroso. Anche questo ghiacciaio si sta inesorabilmente ritirando e ora dove stiamo camminando solo qualche decennio fa era totalmente ricoperto di ghiaccio. Procediamo il cammino verso il confine, che varcheremo il giorno seguente, rientrando solo per qualche giorno in Canada. 
Percorriamo l'Alaska Highway sino a Whitehorse, cittadina sul fiume Yukon, abbellita da originali graffiti alle pareti di vecchie costruzioni, poi svoltiamo a sud sulla Klondike Highway per raggiungere il piccolo villaggio di Carcross, dove il tempo sembra essersi fermato a qualche secolo fa, tra le botteghe in legno decapato restaurate che espongono le loro mercanzie su scaffali d'annata e vetrine opache e i rami morti dei binari dismessi della linea ferroviaria del periodo della corsa all'oro.

 Sulla piazzetta, le facciate delle nuove costruzioni in legno riportano i colorati disegni simbolici dei nativi, tra alti totem lignei. Poco distante, il Carcross Desert, il più piccolo deserto di sabbia al mondo. Altro non  e' che il fondale di un lago glaciale prosciugato le cui sabbie dorate sollevate dal vento plasmano dune insolite ai margini di una foresta di conifere che torna a rivestire il territorio freddo e inospitale, tipico di queste latitudini.
Domenica 7 agosto, procedendo per la Klondike Highway, superiamo il confine canadese e rientriamo in Alaska per scendere sino alla pittoresca cittadina di Skagway,

 affacciata su uno dei numerosi fiordi sul Pacifico. Valichiamo colline umide ed il paesaggio è una moltitudine di grossi ammassi rocciosi ricoperti da licheni paglierini,  bagnati da una miriade di bacini e laghi, alimentati dalle fredde e cristalline acque glaciali. Più in basso, corre in questo territorio impervio e selvaggio, la White Pass and Yukon Route Railway costruita a fine '800 per permettere il collegamento di Skagway a Whitehorse, passando per Carcross, e raggiungere con più facilità i territori canadesi protagonisti della mitica Corsa all'oro. 

Ma il completamento della linea ferroviaria avvenne nel 1900, quando  declinava anche la "febbre dell'oro" , comportando centinaia di morti tra coloro che tentarono di raggiungere quei luoghi a piedi, con l'aiuto dei cavalli , attraversando aspre montagne e alti passi come il Chilkoot Pass e il White Pass, oltre a combattre contro freddo, neve ed una disastrosa frana. A memoria di ciò,  oltre a poter ripercorrere il sentiero di allora, anche il piccolo cimitero nel bosco, in cui vecchie lapidi interrate e sbilenche rammentano solo alcune delle vittime di questa triste vicenda di allora.
 Tutto in città è un richiamo a quei tempi, dai saloon alle abitazioni in stile, ai bus d'epoca con autisti in costume e donnine imbellettate che richiamano i passanti dal balcone per allietarne la permanenza.


martedì 16 agosto 2016

Alaska- Columbia Glacier

È fine luglio e le terre selvagge d'Alaska ci tratterranno ancora per i prossimi giorni. Protagonisti i paesaggi montani, incorniciati dalle impervie catene che all'orizzonte confondono le nevi perenni delle loro vette con le nuvole del cielo. Ed i prati che anticipano la boscaglia, ci offrono gustosi ed abbondanti mirtilli selvatici che noi, come gli orsi, non tardiamo a raccogliere. Sulla tundra sconfinata sgomitola a perdita d'occhio il lunghissimo oleodotto, l'Alaska Pipeline, sul cui punto più meridionale sorge Valdez, pittoresca cittadina sullo Stretto di Prince William ed importante porto del Paese. È da lì che, dopo un paio di giorni piovosi ed annebbiati, partiamo con la Lulu Belle Cruise per raggiungere il magnifico Columbia Glacier, al largo della baia. 
Il sole del 3 agosto è ancora coperto da una fitta foschia che non permette di distinguere l'acqua dal cielo ed il battello solca le fredde acque del golfo tracciando una rotta solo ad esso conosciuta. E quando la speranza sembra venir meno, la cortina di nebbia si ritira come un sipario che si apre e ci permette di assistere ad uno spettacolo che supera l'immaginazione sino a prima snocciolata: il fiordo è fiancheggiato da lussureggianti versanti montuosi che affondano le nude e ruvide rocce nelle acque azzurre, tra le cui fenditure si accovacciano buffi 'puffin' . 

Sugli scogli, chiassose colonie di otarie e leoni marini si adagiano oziosi a godere dei caldi raggi di sole, mentre i piccoli agitano le acque con giocose evoluzioni. 
Giovani orche seguono, affiorando e scomparendo, la scia della barca e le lontre marine galleggiano supine a pelo d'acqua, pigre e sonnecchiose.

Viriamo ad est , superando degli isolotti ed entrando in un altro fiordo. L'aria inizia a raffreddarsi e i primi iceberg preannunciano la vicinanza al ghiacciaio che in lontananza scorgiamo scendere a picco sul mare, dove termina la sua lunga corsa dopo 51 chilometri dalle Chugach Mountains , coprendo una superficie di 1000 kmq, con uno spessore di 500 metri. È in continuo e rapido ritiro e lo testimoniano i numerosissimi blocchi di ghiaccio che si staccano fragorosi e costanti dal suo maestoso fronte e che galleggiano alla deriva su un mare immobile, grigio perla, quasi lattiginoso.

 Le sfumature turchesi sono intrappolate tra le fenditure dei ghiacci e attraverso le forme più fantasiose degli iceberg che scricchiolano al leggero movimento suscitato dal nostro passaggio, lento e sinuoso.

 Il battello schiva con destrezza spumiglie di ghiaccio e zattere congelate su cui si sollazzano gruppi di foche per avvicinarsi il più possibile al Columbia Glacier da cui soffia con energia una brezza gelida che il sole non riesce a contrastare. Poco più in là,  anche un altro ghiacciaio minore si tuffa in mare e le masse di sedimenti scure trasportate dallo stesso sporcano la superficie algida del ghiacciaio.

Ci allontaniamo dalla morsa del freddo e del ghiaccio per ritornare in acque più rilassate, benché sempre rigide, del Prince William Sound. I pescherecci, a quest'ora della sera, attendono di sollevare le reti colme di pesce. Lo spruzzo di una balena rompe il silenzio della baia e dopo una fugace apparizione, inarca la schiena corvina e scompare tra le acque profonde del golfo.

mercoledì 3 agosto 2016

Verso il Sud

Lunedì 25 luglio lasciamo il Denali Park per scendere verso il sud dell'Alaska, con la speranza di vedere il Monte Denali, il picco più alto del Nord America e uno tra le Sette vette più alte al Mondo, da un'altra prospettiva e con un tempo migliore del giorno precedente. Ma il nostro desiderio non viene esaudito perché ancora una volta il cielo plumbeo e la cortina di nubi ne schermano quasi totalmente la vista, lasciando intravedere a tratti i fianchi innevati e confuse falde ghiacciate.
Procediamo il cammino circondati da boschi che si diradano per lasciar posto a vaste lande umide che alternano muschi soffici a torbiere e paludi lambite da terre che come spugne rilasciano altra acqua e dove sguazzano, a loro agio, le anatre selvatiche. 
Facciamo tappa ad Anchorage, allo Ship Creek, un fiume in cui di norma abbondano i salmoni e conferma ne è la quantità di pescatori che, nelle loro tute di gomma, sono calati in acqua a lanciare lenze ripetutamente, ma a nostro vedere, senza troppi successi.

L'indomani, riprendiamo a scendere, costeggiando un fiordo dalle cui acque grigie emergono lembi di arena melmosa, sino a giungere a Portage per ammirarne il ghiacciaio che scivola grintoso tra i pendii delle montagne imbiancate. Piu tardi, procediamo sino ad Homer, una pittoresca cittadina nella Penisola di Kenai, colorata da variopinte casette in legno e negozietti di souvenirs, che si allunga su di una striscia di terra sino al mare, non a caso, denominata "il borgo alla fine della strada".

 Difronte ad essa, le coste lontane del Katmai National Park e di Kodiak Island, raggiungibili solo in aereo o via mare. 

Le aquile dal capo bianco sorvolano le acque fredde dell'Oceano e si posano su sbiaditi tronchi, naufragati sulle sabbie umide emerse dalle basse maree.


 Un coyote scappa fugace tra le alte spighe  dorate di una valle umida.
Il giorno successivo, il tempo, finalmente, volge al meglio ed il sole riscalda la brezza marina ed i colori della natura che ci circonda. I fiori lilla su alti steli ricoprono intere vallate e si mescolano a grappoli rossi che spuntano su larghe foglie verdi. All'orizzonte, oltre il mare, per la strada di rientro, si scorgono le sagome coniche ed innevate dei vulcani, alcuni attivi, delle Montagne Aleutine. 

I fiumi di origine glaciale mostrano le loro acque celesti scorrere violente e rapide ed i torrenti più nascosti tra i boschi, ospitano rossi salmoni che risalgono stanchi la corrente. È proprio in uno di questi che Andrea tenta con i pochi e rudimentali strumenti in suo possesso, a catturarne uno per la cena e con successo, il piatto è servito! 
Ripreso il cammino, risaliamo la penisola, tocchiamo Seward, ripassiamo inevitabilmente per Anchorage e ci dirigiamo verso est, per una strada montana dagli spettacolari scenari, uno tra questi, il Matanuska Glacier , che scende a serpentina per 43 km sino a terminare la sua corsa sulle acque glaciali dell'omonimo fiume. La sosta è d'obbligo, dato che è l'unico ghiacciaio negli USA raggiungibile in auto ed ancor più interessante, ci si può compiere delle escursioni guidate o in solitaria. 

La pista sterrata ci condurrà difronte ad esso e la notte, ancora fatta di ombre, la trascorriamo al suo cospetto. La mattina, di buon'  ora, attraversiamo a piedi la zona morenica scoperta dal disgelo sino a calpestare il ghiaccio che scricchiola al nostro passaggio. Rivoli d'acqua gelida, dovuti dallo scioglimento estivo si insinuano tra le sue crepe e sgorgano nelle viscere emanando sordi gorgoglii. Laddove il sole raggiunge il ghiaccio si intonano dei riflessi turchesi intensi ed i crepacci infidi e profondi, che superiamo nei punti piu' stretti, intrappolano massi trasportati dai ghiacci e tagliano a sorpresa la superficie frastagliata del ghiacciaio, sfoggiante lingue gelate a ventaglio che, come marzapane, si stagliano algide e cristalline al sole tiepido dell'estate d'Alaska.

martedì 2 agosto 2016

Into the wild - Denali

È il 18 luglio quando lasciamo una grigia Fairbanks, per dirigerci a sud verso il Denali National Park. Il tempo è uggioso e non accenna a migliorare. Il tratto di strada per le montagne non ci regala alcuno scorcio apprezzabile data la fitta foschia che annebbia il paesaggio circostante. E la pioggia insistente non tarda ad accompagnarci per il lungo tragitto monotono e ripetitivo. 
Ma giunti ad Healy, un piccolo villaggio lungo la strada, a poca distanza dal Parco, rapisce la nostra attenzione il bus verde n.142 usato nella pellicola "Into the Wild", parcheggiato in un angolo all'esterno di un locale tipico alaskano, fedele riproduzione del Magic Bus originale, locato nelle foreste limitrofe.

 Decidiamo di seguire le orme di Christopher McCandless, alias Alexander Supertramp, che trascorse i suoi ultimi mesi di vita, nelle terre selvagge di Alaska, all'interno del bus trovato casualmente nei boschi, adibito a ricovero dai cacciatori locali. 

Prendiamo la Stampede Road, una strada secondaria che si snoda tra la foresta da cui un'alce sbuca improvvisa e dentro la quale altrettanto frettolosamente scompare tra il fitto di pini e betulle. In lontananza, Eightmiles Lake ci indica che siamo vicini allo Stampede Trail, da cui a piedi si potrà raggiungere nel pieno della tundra, dopo l'attraversamento di due fiumi ed ancora diversi chilometri di sterrato, il mitico bus. 
Sta calando la sera quando arriviamo all'imboccatura del sentiero che già si preannuncia arduo: la pioggia incessante da giorni ha inzuppato le terre e le ha rese fango scivoloso e larghe pozzanghere tra i cespugli intricati non agevolano il cammino. Inoltre, data la stagione estiva e piovosa, i due fiumi da attraversare sono in piena e la corrente impetuosa complica ancor più la situazione. La pioggia non si arresta e le previsioni non sono tra le più rosee.

 Ci fermiamo in questo fazzoletto di fango per passare la notte quando ci accorgiamo che non siamo soli: in un angolo tra gli arbusti c'è Martin,  un ragazzo della Repubblica Ceca, a piedi con il suo zaino che sta tentando a fatica di preparsi il giaciglio per la notte. È fradicio d'acqua dalla testa ai piedi per le troppe ore sotto la pioggia e tremando dal freddo sta componendo la tenda, che è poco più di un telo madido retto da un bastone di legno. 

Gli offriamo una tela cerata piuttosto grande che possa proteggerlo dalla pioggia e dal vento e lo invitiamo a riscaldarsi all'interno del Narci con una tazza di te caldo. Ci spiega che è lì per compiere il suo grande sogno quello cioè di raggiungere il luogo dove Cris ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita e si è preparato fisicamente e mentalmente per affrontare tale impresa.

 La sua intenzione è quella, poi di proseguire per i boschi e seguendo il corso del fiume, entrare nel vicino Denali Park, sfidando le intemperie, probabili incontri con orsi e lupi, procacciandosi il cibo e dormendo all'addiaccio, supportato dal suo inseparabile kit di sopravvivenza. Anche noi, se per un attimo abbiamo accarezzato l'idea di raggiungere il Magic Bus, ci rendiamo presto conto che è di difficile , quasi impossibile, realizzazione date le condizioni avverse e il livello troppo alto dei fiumi in piena, attraversabili a piedi solo quando ancora semighiacciati e l'acqua bassa consente il passaggio e cerchiamo, invano, di dissuaderlo. Ma lui non demorde e decide di proseguire nel suo intento con l'auspicio di coronare il suo sogno. 

Ad oggi non abbiamo ancora sue notizie, ma vogliamo credere che tutto sia andato per il meglio e che solo l'assenza di connessione ci impedisca di averle. 

Arrivati nel Denali Park dobbiamo attendere qualche giorno perché si rimetta un po' il tempo per addentrarci nel parco con un bus navetta a scoprire la vita selvaggia che lo popola. Le montagne innevate incorniciano un paesaggio di morbide colline rivestite di muschio e bassi cespugli su cui ruminano caribou dalle corna slanciate verso il cielo e  alci che si mimetizzano nella tundra.

 Gli orsi grizzly camminano indisturbati sulle sponde dei fiumi e catturano le loro prede stanandole dal groviglio di arbusti nani che rivestono i monti. In lontananza, si scorge la sagoma candida del maestoso monte Denali la cui cima, a più di 6000 metri d'altezza, è avvolta da bianche nuvole che non intendono dissiparsi