sabato 24 settembre 2016

Quebec, città e provincia

Lunedì 12 settembre salutiamo anche Montreal, per dirigerci a Quebec City, percorrendo la provinciale "138" , le Chemin du Roy, che ci condurrà dritti alla città,  costeggiando il fiume St. Lourent, permettendoci di godere, per i giorni a venire, dei paesaggi agresti e delle prelibatezze culinarie della provincia del Quebec.
 L'influenza francese e' marcata, non solo per l'idioma parlato, ma anche per la cultura più vicina e simile alla nostra europea e ciò un po' ci fa sentire a casa. 

Non abbiamo fretta e respiriamo l'aria tiepida ed il profumo dei campi che ci circondano.  


I tetti spioventi in lamiera riverberano al sole che vi picchia contro e le tettoie all'ingresso riparano lieti riposi su comode poltroncine in rattan o sedie in legno. Non ci sono recinzioni o steccati a delimitare i confini,  ma solo prati verdi rasati al millimetro che scorrono ininterrotti di casa in casa.

 E tra campi di granoturco e stalle rosse, ci ritroviamo ad assaporare i formaggi genuini di una delle tante formaggierie che si celano nei paesini della regione di Portneuf  e più tardi, a degustare una birra artigianale della "microbrasserie Les Grands Bois", prodotta con passione da un gruppo di giovani che ha saputo conciliare la tradizione di une mestiere antico con tecniche moderne e sapori innovativi.
I giorni successivi, procedendo a rilento, ci soffermiamo in un paesino in riva al fiume, curiosi di assaggiare del cioccolato puro in una caffetteria locata in una vecchia dimora in legno, in cui si respira ancora il sapore "retro" dell'ambiente, come del resto in tutto il villaggio, antico e romantico.
Il profumo di pane appena sfornato richiama il nostro olfatto e di lì a poco, anche il nostro gusto viene soddisfatto. È la "boulangerie" di Bruno, attento utilizzatore di grani biologici, puri ed ancestrali, lievito madre e lunghe fermentazioni per un risultato ottimo e salutare. E la sera, grazie all'ospitalità sua e di Jessica, la sua compagna, ci ritroviamo seduti alla loro tavola a degustare cucina tipica quebequese.

Giunti in città,  raggiungiamo a piedi la Vieux Quebec, sulla collina, recintata da vecchie mura di difesa, a ridosso del porto. Domina alto e austero l'antico Chateau Frontenac con le sue torri a guglia e le facciate in mattoncini rossi. Passeggiamo per i quartieri dei secoli XVII e XVIII, con case in pietra sormontate da tetti laccati e abbaini affacciati su viuzze lastricate che si snodano variopinte tra piazzette e chiese neogotiche.
Il giorno dopo, l'Ile d'Orlens è la nostra prossima meta: è un polmone verde, dove crescono folti e rigogliosi gli aceri che stanno tingendosi di rosso, come le porte delle case semi nascoste di graziose case di gusto francese.

 E procedendo nel nostro perigrinare, vaste colture di fragole si alternano a frutteti di mele, vigneti e campi su cui sfoggiano grosse zucche arancioni. E le formaggierie non mancano, come le fattorie produttrici del dolcissimo succo d'acero.
Rientriamo in città, con l'idea di ripartire l'indomani. Ma un imprevisto non da poco ci tratterà ancora per una settimana in Quebec City, presso l'officina "Freightliner" : la cascata d'ingranaggi posteriore destra si è usurata e a noi non ci resta che attendere i pezzi di ricambio dalla Germania.

lunedì 19 settembre 2016

Montreal

La mattina dell'8 settembre, dopo la colazione in aperta campagna, partiamo alla volta di Montreal non molto distante, ma non abbiamo fretta e percorriamo diluendo il tempo una strada secondaria sulla riva del fiume St. Laurent, godendo di un paesaggio agreste, armonioso e sereno. Stiamo per lasciare la provincia dell'Ontario ed entrare in quella del Quebec e nell'area francofona canadese. È un susseguirsi di piccoli borghi sul fiume, ciascuno contraddistinto da una propria chiesa dal campanile appuntito o dalla facciata in stile gotico, adornata da un grosso rosone ornamentale. Le case in legno ben conservate rimandano al gusto romantico francese, inserite in prati verdi e giardini fioriti, come in un libro di fiabe dove tutto appare perfetto ed impeccabile. 

Dopo circa tre giorni di marcia spensierata giungiamo a Montreal, una delle città più popolose del Paese ed importante centro economico e finanziario, seconda solo a Toronto. E ' servita da una capillare ed efficiente rete metropolitana che ci permette di raggiungerne i vari quartieri con rapidità e praticità. 

È domenica e la città è sgombra da traffico e affollamento. Passeggiamo per le vie silenziose del centro storico e subito ci incanta la Basilica di Notre Dame dall'imponente facciata in stile neogotico che si riflette sulle vetrate degli istituti bancari affacciati a Place d' Armes. Al suo interno ci sorprende il soffitto blu scuro trapuntato di stelle ancor più enfatizzato dalla luce in tono che ne esalta la bellezza. 

Il tempio è interamente ligneo, dagli altari alle statue religiose, dalle sedute impreziosite da figure intarsiate ai pulpiti degnamente lavorati e l'uso dei colori porpora e oro sapientemente dosati ne esaltano la straordinarietà dell'opera. Un organo a canne impreziosisce l'insieme.
Ci addentriamo nelle vie del centro storico, scorgendo tra i palazzi in stile, le cupole argentate di numerose chiese e santuari e, scendendo verso il vecchio porto, l'insolito e originale complesso edilizio, Habitat 67, realizzato in occasione dell'Expo del 1967.

Giriamo per il quartiere finanziario e commerciale tra palazzi moderni e grattacieli vetrati, tra negozi e centri commerciali o tra i quartieri piu'modesti abbelliti da murales o allestimenti artistici sguinzagliati per le strade. Ci allontaniamo e con la metro raggiungiamo Parc Mont-Royal, una collina ricoperta da un rigoglioso parco che saliamo a piedi per ammirare dall'alto tutta la città. Le note melodiche di un pianoforte allietano l'intera visione.



domenica 18 settembre 2016

Ottawa

Usciti da Toronto, i giorni a seguire continuiamo la strada verso est, costeggiando il lago Ontario, tra villaggi immersi nel verde, all'ombra di grandi aceri e aperte campagne su cui risaltano tipiche stalle in legno su distese ambrate di soia.

 Il 5 settembre giungiamo nella capitale, Ottawa, sicuramente una grande città ma decisamente "a misura d'uomo", dove ben si coniuga la modernità dei grattacieli finanziari e commerciali con la tradizione ed il rigore dei palazzi governativi. La sede del Parlamento troneggia dall'alto della collina in perfetto stile gotico vittoriano ed è un chiaro richiamo alla Corona inglese, la sovranita' del Paese. 

Un occhio di riguardo è riservato a piste ciclabili e pedonali, tra alberi, aiuole fiorite e giardini inglesi. Passeggiamo per le vie della capitale dove il traffico scorre ordinato e quasi irrilevante quando costeggiamo le verdi sponde del canale Rideau, una via d'acqua artificiale che taglia Ottawa e la congiunge alla città di Kingston, sul lago Ontario. È una opera ingegneristica, conclusa nel 1832, che vanta di 47 chiuse, per lo più azionate a mano, usata oggi per la navigazione di piccole imbarcazioni e d'inverno, totalmente gelata, usata come lunga pista di pattinaggio.

Al nostro ritorno al parcheggio, Whitney e Antoine, ci invitano a casa loro attraverso un biglietto apposto sul parabrezza e noi non tardiamo ad incontrarli. Con loro c'è anche l'amico Joeffe che, lavorando a fianco del Primo Ministro canadese, organizza, per l'indomani, una visita all'interno del Parlamento, dandoci la possibilità di visitarlo anche nelle sale private non aperte al pubblico. Grati di questo privilegio e della loro compagnia, mercoledì 7 settembre lasciamo anche Ottawa e ci dirigiamo verso un altro capoluogo canadese.

Strada facendo, ci soffermiamo la notte nelle campagne di periferia,  non prima di una visita improvvisata ad un allevamento di mucche da latte dove assistiamo ad un'inaspettata ed emozionante nascita di un vitellino, battezzato Narciso.

venerdì 16 settembre 2016

Toronto

E' fine agosto e ci allontaniamo dai rilassati sobborghi di Niagara on the Lake, interamente rivestiti di vigneti che a fine settembre si alleggeriranno dei loro superbi grappoli. Di proposito scegliamo strade secondarie, lontane dal traffico frenetico autostradale, che ci permettono di costeggiare il lago Ontario per goderne di un placido bagno e della vista di tranquilli paesini bucolici o di eleganti quartieri cittadini immersi nel verde di giardini inglesi.
Arrivati a Mississauga, decidiamo di far riposare Narciso per una giornata, e noi di raggiungere la vicina Toronto, in treno, evitando le complicazioni di parcheggio in città. 

Il primo settembre, usciti dalla stazione centrale, siamo subito catapultati in una dimensione che ci è stata estranea per lungo tempo, ma che assaporiamo con piacere. È Toronto, una metropoli cosmopolita a sviluppo verticale, moderna e all'avanguardia, che convive perfettamente con gli edifici in stile vittoriano,


 fagocitati da grattacieli dalle forme più bizzarre e strutture futuristiche ed eccentriche, sedi di musei e gallerie d'arte. Multiculturale, è un brulicare di etnie che calpesta marciapiedi e affolla piazze e giardini, oasi verdi tra alte facciate di vetro in un continuo gioco di riflessi e prospettive. Poco distante dal distretto finanziario, dai ciclopici centri commerciali e lussuose vie dedicate allo shopping, il fascino "retro" dei vecchi quartieri in mattoncini rossi, in cui il sapore vintage si respira ad ogni vicolo.
CN Tower
 Il tutto è sorvegliato dalla maestosa CN Tower che dall'alto dei suoi 553 metri, è il simbolo incontrastato della città. Per noi visitatori è possibile raggiungerne il piano più elevato a 447 metri da cui godere di una vista spettacolare a 360º , dove anche i palazzi più elevati si mostrano piccoli ed insignificanti. Alcuni temerari, camminano sull'orlo del piano poco più sotto,  saldamente imbragati, totalmente all'aria aperta e senza balaustre, compiendo il giro completo della torre.

 Noi, ci limitiamo a calpestare alcuni metri quadrati di sola superficie vetrata e con lo sguardo sfidiamo il senso di vertigini osservando una perpendicolare di cemento che tocca terra dopo 340 metri di vuoto.

E la sera, in un gioco di luci e colori, è come un faro nella notte che sovrasta la città e si rispecchia nelle acque scure del lago Ontario.

martedì 13 settembre 2016

Cascate del Niagara e dintorni

Lunedì 29 agosto, lasciato gli amici del ranch, ci attende un intero caldo pomeriggio per scoprire le vicine Cascate del Niagara. Sostiamo dai simpatici genitori di David che ci insegnano una veloce scorciatoia per raggiungere il sito. A piedi, da casa loro, attraversando dei binari morti e una vecchia strada nascosta tra gli alberi,  arriviamo dritti, dritti al viale che conduce alle cascate, e già se ne percepisce il rumore e alcune gocce sospinte dall'aria. 

Il fiume Niagara è già lì a pochi passi e scorre rapido nel suo largo alveo diviso tra Canada e USA. In lontananza, infatti, si scorge il ponte che lo attraversa per condurre alla sponda statunitense che si affaccia davanti a noi, al lato opposto.
Il fragore dell'acqua aumenta assordante man mano che ci avviciniamo e la nebulosa sollevata dal volume d'acqua che si infrange cadendo, sale alta in cielo come spire di fumo.

Ed eccoci, piccoli ed emozionati, difronte all'imponente ferro di cavallo naturale largo quasi 800 metri, che costringe il fiume ad un salto di 50, con una tale portata d'acqua da impressionare anche i più indifferenti: sono le Horseshoe Falls, dal lato canadese che assieme alle American Falls e le più piccole Bridal Viel Falls nel versante statunitense con un fronte complessivo di circa 320 metri, separate tra loro da isolotti, danno origine alle cascate più famose al mondo.

Lo spettacolo è assicurato e se ne respirano la sua forza ed intensità, siglate da un grande arcobaleno che sovrasta costante le acque convulse ai piedi del salto,  su cui battelli colmi di turisti incappucciati, sfidano il turbinio e gli spruzzi sprigionati dal violento incontro delle stesse.
E calata la sera, dalla vertiginosa Skylon Tower, la vista della città dall'alto è un tripudio di luci e cromie e le cascate, indossato l'abito da "grand soiree" , rimangono le regine indiscusse della notte. 

L'indomani mattina, costeggiamo il fiume Niagara tra rigogliosi vigneti e storiche cantine che aprono le porte al pubblico per condividerne le proprie tradizioni e i propri frutti.

Una tra queste è la Peller Winery, tramandata di tre generazioni,  in cui siamo accolti con un buon calice di vino, stappato a colpo di sciabola, tra i filari di vigne cariche di grappoli in  maturazione, baciati da un caldo sole che ci permette di assaporare i prelibati piatti a sorpresa dello Chef Jason Parsons, "en plain air", non prima di aver visitato le fresche cantine in cui il vino riposa in botti di quercia francese e degustato il tipico "ice wine" canadese in una location originale che riproduce la rigida temperatura dei mesi invernali in cui avviene la vendemmia delle uve che origineranno un vino dolcissimo dalle pronunciate note tropicali.

venerdì 9 settembre 2016

In Ontario

È metà agosto e continuiamo la lunga strada verso est. Entriamo in Ontario ed i paesaggi cambiano: lasciate le vaste distese coltivate , il terreno si increspa, alternato alle rocce nude, ai laghi e lagune, non permettendo alcuna cultura. Anche le foreste ritornano ed appaiono i vividi aceri, simboli incontrastati della Nazione, che con le loro folte chiome, risaltano ed esaltano gli adombrati boschi.
  Costeggiamo per giorni il Lake Superior, il lago più esteso del Nord d'America. Ha le sembianze di un mare calmo, sulle cui acque a cavallo tra Canada e Stati Uniti, naviga lenta una nave merci per i trasporti da una sponda all'altra, nonché da uno stato all'altro.
Strada facendo, un incontro inaspettato: dopo quasi 6000 km, ritroviamo gli amici tedeschi, Gaby e Sergius, con il loro Unimog "Leo", conosciuti a Dawson City e rivisti poi a Inuvik. E con piacere trascorriamo alcune serate a venire in compagnia sulle sponde dei laghi che bagnano piccoli e silenti villaggi o vicino a porticcioli che  accolgono colorate barche a vela e vecchi scafi in alluminio, prima di salutarci e riprendere ciascuno i nostri tragitti.

Scorrono i giorni, procediamo lenti, senza fretta, prima di entrare nel preludio caotico dei dintorni di Toronto che cerchiamo di baipassare mantenendoci più a sud. Ma la matassa di strade, crocevia, svolte e svincoli rimane complessa da districare fintanto che non superiamo il punto critico e ne ritroviamo il bandolo.  Anche il traffico si rilassa e noi con esso.

 Lasciato il caos delle periferie cittadine, cerchiamo la calma nei paesini alle porte di Niagara Falls, in aperta campagna,  dove prati verdissimi, come soffici tappeti di velluto, accolgono graziose dimore abbellite da curati giardini.

E proprio nelle vicinanze di Welland, conosciamo Lynnette e David, che tra un discorso e l'altro, ci invitano a visitare il Ringtail Ranch and Rescue, dove lavorano come volontari, una sorta di ricovero di animali delle razze più svariate ed inaspettate che grazie all'iniziativa dei proprietari ed alle cure amorevoli degli stessi e dei volontari, sono potuti sopravvivere a disturbi fisici congeniti o a morte certa. 

E' così, lunedì 29 agosto ci ritroviamo tra ciuchi bianchi, cuccioli di bufalo, giovani canguri e cerbiatti, scimmie "scoiattolo", lemuri catta e bianco e neri, buffi coatimundi, sonnecchiosi kinkajou e diffidenti linci canadesi e eurasiatiche che, come gattoni poco mansueti, si fanno accarezzare e coccolare, sulla riva dello stagno dai grossi fiori di loto.

lunedì 5 settembre 2016

Un lungo trasferimento

Martedì 9 agosto, rientrati in Canada, ci accingiamo a percorrere la strada che dalla regione dello Yukon scenderà per le Rocky Mountains sino in Columbia Britannica. 
La zona è verdissima e ricca di foreste che si riflettono su laghi turchesi, alimentati da numerosi fiumi e non mancano sorgenti di acqua bollente sotterranea che confluiscono in corsi d'acqua fredda, creando piscine naturali in cui rilassarsi ad una temperatura che varia dai 42ºC ai 52ºC , immersi nello scenario della tipica foresta boreale, dove non è difficile incontrare orsi bruni che ti scrutano tra i cespugli o alci che si cibano di alghe nelle "muskeg", stagni d'acqua tiepida, celati da fitti cannetti, attraversabili grazie a lunghe passerelle di legno.

 Siamo a Liard River Hot Spring dove, l'indomani, ci tratterremo qualche ora prima di rimetterci in marcia per affrontare le migliaia di chilometri che ci attenderanno nei giorni a seguire. 
Riprendiamo il cammino, attenti a schivare un branco di bisonti che lenti attraversano la strada o si distendono sul ciglio a riposare.

 Anche alcuni orsi bruni non sfuggono alla nostra vista seppur celati dall'erba alta, cosparsa di fiori. Sappiamo essere forse gli ultimi esemplari che vedremo dal momento che ci allontaneremo da queste regioni montane, rivestite di boschi e foreste, ed entreremo nelle regioni dell'Alberta, Saskatchewan e Manitoba, territori vastissimi pressoché pianeggianti, in cui le verdi praterie si alternano a campi coltivati a cereali, che si distendono per  ettari ed ettari, senza soluzione di continuità.

 E le rotaie corrono parallele all'asfalto, lambendo le colture, per permettere agli interminabili treni di raccogliere i cereali direttamente dai grandi silos lungo i binari. Disseminati tra le spighe d'oro, spuntano numerosi cilindri color pece che al loro interno raccolgono ben altro tipo di "oro" estratto dal costante e ritmato lavoro delle pompe che, nel controluce al tramonto,  appaiono come grossi trampolieri che affondano il loro becco adunco nel fondo di un bacino.

La strada sembra non finire mai e prosegue retta a tagliare territori monocromatici e monotematici. L'aria è calda ed il cielo terso ed il ronzio delle ruote che girano costanti sull'asfalto è quasi ipnotico. Viaggiamo per giorni nella calma piatta di questi territori così estesi da non vederne la fine, respirando l'odore di grano e d'erba medica, di stalle in cui faranno ritorno le mandrie al pascolo e di fieno raccolto in balle circolari sparse sui campi già mietuti.

In lontananza, si alzano talvolta nugoli di polvere sollevati dalle metitrebbie al lavoro, che al calar della sera faranno rientro alle loro fattorie di campagna.