mercoledì 13 agosto 2014

Uyuni

Finalmente arriviamo ad Uyuni, dopo chilometri di lande desertiche, strade polverose e villaggi assolati, dove incrociare un abitante e' cosa assai rara. All'ingresso della città non possiamo non soffermarci al "cimitero dei treni": decine di locomotive e carrozze dismesse e abbandonate che giacciono inanime e arrugginite ai margini della vecchia ferrovia.

Ed il pensiero corre al tempo in cui, ancora scoppiettanti, viaggiavano su binari infiniti solcanti terre aspre e dimenticate, carichi di persone con i loro animali e merci. Ora, riposano sulla sabbia, violati da qualche mano che non ha resistito a siglare il proprio passaggio con lo spray colorato, immortalati da mille scatti di altrettanti visitatori che, come noi, rendono omaggio al loro onorato servizio .
Entriamo ad Uyuni ed il passaggio della Dakar 2014 e' evidenziato su ogni muro, tabellone, insegna. Camminiamo per le bancarelle multicolori del mercato della domenica, tra donne vestite con  gonne arricciate , gonfie di sottogonne, col tipico cappello a bombetta su capelli nerissimi raccolti in un paio di lunghe trecce.

Alle spalle, annodato il variopinto drappo che, come un fagotto, nasconde piccole creature, cibarie o utensili.
Lunedì 11 agosto partiamo alla volta del grande Salar, l'enorme deserto di sale che con i suoi quasi 10600 km2  risulta essere la più grande distesa di sale al mondo, a 3650 mt s.l.m. Nelle prime ore del pomeriggio il Narci imprime le sue orme sugli esagoni di sale e inizia a camminare libero e disinvolto sulla superficie ruvida e candida del deserto. Giochiamo, filmiamo e non lesiniamo in fotografie. Confezioniamo alla meno peggio, con ritagli di stoffa, una bandiera italiana che scopriamo mancare tra le tante che sventolano alle porte del Salar, all'Hotel di Sale.

Ci dirigiamo diritti alle due isole che campeggiano al centro del Salar: Isla Incahuasi, la prima, Isla del Pescado, la seconda, più grande. Entrambe costellate di giganteschi  cactus e cespugli dagli aculei appuntiti, abitate da viscaccia e comatocini che si librano in volo sul cielo terso.

La luce cala, le ombre si allungano ed il silenzio piomba più assordante che mai! La luna piena sorge all'orizzonte e rischiara tutto il deserto. Noi piccoli, in questo infinito lago di sale, ci addormentiamo, coccolati dal vento.
Ci svegliamo all'alba, baciati dal sole, e ci dirigiamo a Coqueza, una dell' uscite dal salar, opposte ad Uyuni, alle pendici del Vulcano Tunupa. Il villaggio di fango e paglia è semideserto, qualche volto appare e scompare dietro una tenda alla finestra; dentro un cortile, giocano dei bimbi con un copertone dismesso. Saliamo il monte per un sentiero di pietre e polvere e giugiamo alla cueva che racchiude, ben conservate, sette mummie di più di 800 anni fa, che in posizione fetale attorniate da suppellettili, sono state ritrovate a 3600 mt s.l.m. nascoste e ben custodite in questa grotta.
Salutiamo il Salar de Uyuni, uscendo da Jirira. Percorriamo una strada dissestata di sassi e sabbia, adiacente le rive del salar, attraversando villaggi abbandonati e  terreni coltivati a patate e quinoa, pascoli di lama e pecore che brucano erba secca che spunta da queste terre salate.
Camminiamo sino a tarda sera, per una strada sconnessa di ripio, sabbia e tulle ondule. Attraversiamo nell'oscurità una vasta zona sabbiosa e deserta, a tratti fangosa, sino ad arrivare ad un paesino che ci ospita in silenzio nella grande piazza, sotto l'occhio protettivo, del Santuario.

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