sabato 28 maggio 2016

Ventisie' giorni che speto!

Sabato 28 maggio e' nostra intenzione dirigerci verso San Francisco, ma non prima di seguire gli ultimi atti della finalissima di rugby che la squadra della nostra città sta disputando per aggiudicarsi il titolo di Campione d'Italia: seduti su di un marciapiede di un incrocio in una cittadina californiana rubando una wifi assistiamo dal cellulare, collegato in Skype col babbo che dall'Italia riprende con il  tablet, le immagini dallo schermo del televisore di casa, alle  battute finali della partita che vedrà vincitrice, dopo 26 anni di attesa e diverse finali, la Rugby Rovigo Femi CZ, mandando in delirio tutti i tifosi ed una città intera che si riversera' più tardi nelle strade del centro per festeggiare la meritata vittoria. 

E noi, unendoci all'entusiasmo e gioia dei tifosi, riprendiamo la marcia dopo 26 giorni di sosta "forzata" a Fresno per il problema "ammortizzatori" . Facciamo un passo indietro: arrivati mercoledì revisionati dall'Italia, ci accorgiamo montandoli che avendo un'escursione maggiore perché ex Paris Dakar, necessitano di 4 molle più alte che non riusciamo a reperire. 
Così optiamo per alzare il telaio con l'ausilio di 4 supporti in alluminio che riusciamo a far preparare in tempi record dato che è imminente il weekend che vedrà chiuse tutte le attività sino a lunedì compreso per la celebrazione del Memorial Day. Nel frattempo, sostituito l'olio nella scatola dello sterzo, smontiamo per saldarlo, il supporto dei filtri di carburante completamente crepato per le continue sollecitazioni subite durante il viaggio, non prima d'aver tolto il compressore del climatizzatore.

 Venerdì, finalmente, con i pezzi in mano, cominciano le operazioni di sostituzione degli ammortizzatori presso l'officina J'S Truck gestita da una valida equipe di messicani capitanata da José. 

Tolti i pneumatici, si procede con cautela a togliere ciascuna molla per poi fissare i supporti al telaio, ma giunti a quella posteriore destra si scopre che la molla è spezzata  di netto e ciò spiegherebbe il cedimento verso destra del mezzo che da tempo notavamo. 

Abbiamo con noi una molla di ricambio, ma purtroppo è quella anteriore che si differenzia dalle posteriori per spessore e altezza. Dunque, che fare? Ripariamo la molla danneggiata saldandola e rinforzandola in più punti, in attesa di sostituirla con una nuova.  È sera ormai quando i lavori sono ultimati e Narciso, rigenerato e performato, riprende a galoppare più in forma che mai.

martedì 24 maggio 2016

Yosemite National Park

Giovedì 12 maggio noleggiamo per un paio di giorni un'auto per andare allo Yosemite National Park e lasciar riposare il Narci, in attesa degli ammortizzatori.
Il tempo è sereno e ci aspetteranno sicuramente due giornate calde e assolate, mitigate dal fresco del Parco in cui non tardiamo ad entrare. Saliamo di quota e la strada corre sinuosa ombreggiata da alti pini, verdi chiome di querce e cornus fioriti. Si aprono floride vallate erbose cosparse di lupini e fiori di campo e sul ciglio spuntano purpuree "piante di neve" . Ancora qualche tornante,  un tunnel oscuro e subito all'uscita, come una porta che si apre su di una nuova stanza, ci appare uno scenario inaspettato e bellissimo: la valle di Yosemite incorniciata da pareti rocciose ed alte cime granitiche da cui salta copiosa la Bridalveil Fall che non tardiamo ad ammirare da vicino. 

Piu' tardi raggiungiamo, dopo un sentiero a piedi tra i boschi a più di 1500 metri s.l.m., attorniati da rocce di granito e sorgenti minori, anche la Vernal Fall che scroscia forte ed impetuosa con un tuffo di

 quasi 100 metri , a cui tentiamo di avvicinarci, bagnandoci inevitabilmente per gli abbondantissimi spruzzi che genera. 
Continuiamo la visita al parco che ci regala scorci stupendi per sentieri tra gli alberi, torrenti e cascate, sino a raggiungere il Mirror Lake che riflette il paesaggio circostante.

 Prima del tramonto,  percorriamo la strada che porta al Glaciar Point, che sale tra i boschi ancora imbiancati da nevicate precedenti e da lassù  la Yosemite Valley si ammira in tutta la sua intierezza. 

Verdissima, solcata dal Merced River, e' incorniciata dalle alte vette della Sierra Nevada, difronte a noi si staglia imponente e statuario l'Half Dome, la cui facciata di granito tinta di rosa fa da sfondo alle esibizioni ardite e coraggiose  dell'illusionista David Blaine.

 Le alti cascate scendono dai picchi ad alimentare il fiume giu' in basso , come la Yosemite Fall, la più alta del parco con i suoi 730 metri, che scende e rimbalza spumeggiante sulle rocce.

 E quando il buio ammanta ogni dove, la parete verticale de El Capitan, un monolite di granito alto 2300 metri, si trapunta delle luci degli scalatori che appesi alle corde di risalita, si accingono a passare la notte nei loro "bivacchi" sospesi, per riprendere la scalata alle prime luci dell'alba.

lunedì 16 maggio 2016

Sequoia National Park

Dopo alcuni giorni di marcia per valli e per monti fitti di boschi, raggiungiamo il Sequoia National Park che purtroppo non riusciamo ad ammirare appieno date le nuvole basse che avvolgono i monti tutt'intorno, inibendone la vista.
 Preferiamo uscire dal parco, direzione Fresno, e ritornarvi la settimana successiva, quando il tempo sarà migliore.

 È il 5 maggio e visti gli acciacchi del Narci decidiamo di sospendere la marcia per la ricerca degli ammortizzatori,  approfittare della sosta per effettuare un ulteriore tagliando e visitare i parchi vicini noleggiando un'auto.
E dopo alcuni giorni,  contattate  le varie ditte di ammortizzatori in loco, non riuscendo a riceverli in tempi piuttosto rapidi vista la necessita' di prepararli su misura per l'Unimog, optiamo sulla spedizione dall'Italia dei quattro ammortizzatori già in nostro possesso, che dopo una preventiva revisione, ci verranno recapitati qui in Fresno, California. 

Un po' più rinfrancati, martedì 10 maggio, ripartiamo alla volta del Sequoia                                                     National Park.
 La giornata questa volta è splendida ed il sole ci accompagnerà anche nei giorni futuri. La strada nel Parco è ombreggiata da querce e conifere ed il sottobosco ricco di vegetazione fiorita. Ma le vere protagoniste sono loro, le Sequoie giganti, enormi, possenti e regali regine dei boschi, che sovrastano incontrastate la pineta, erette su tronchi vetusti e robusti che, grazie alla grande quantità di tannino che contengono, si rigenerano dopo incendi naturali che talvolta le ustionano. Con le chiome arruffate affondano le loro radici al suolo come zampe di enormi pachidermi dalla pelle rugosa e bitorzoluta. 

E poi ci avviciniamo minuscoli al cospetto del General Sherman, il più grande albero al mondo, 86 metri di altezza, 11 metri di diametro della base inferiore del fusto , un peso stimato di 1300 tonnellate, della veneranda età di 3200 anni.

 E più in là, tra altri esemplari unici, svetta il secondo albero più grande sulla Terra, il General Grant, che sfiora anch'esso, le nuvole . L'interno di una corteccia di sequoia stesa a terra ci invita ad attraversarlo come in un tunnel naturale ben conservato, mentre un'altra sequoia coricata ci permette il passaggio con l'auto. Camminiamo con il naso all'insù per il bosco che profuma di resina e risuona di melodiosi cinguettii.

 Una marmotta scruta la situazione eretta sulle zampe posteriori, i cervi si nascondono tra i rami e gli scoiattoli sgranocchiano i semi delle  pigne che le sequoie rilasciano a terra. E noi, incantati da questi meravigliosi colossi lignei, custodi del tempo, ci congediamo salutandoli con la consapevolezza che, se un giorno ritorneremo, loro saranno ancora lì ad aspettarci!

domenica 15 maggio 2016

Death Valley

E dopo un paio di giorni, dagli sfarzi di Las Vegas ci rituffiamo nella solitudine e silenzio dei territori sconfinati della desolata Death Valley.
 Nessun nome è più appropriato per questa valle depressa che si presenta ai nostri occhi come un paesaggio lunare, statico ed inanimato, il cui punto piu' basso , il Badwater, tocca gli 86 metri sotto il livello del mare, con cordoni di pallide dune rocciose ben visibili dallo Zabriskie Point, vecchie miniere di borace, laghi salati evaporati, crateri, canyon e deserti di sabbia.

 Percorriamo il nastro d'asfalto principale che la solca senza addentrarci nel parco per non infierire ulteriormente sugli ammortizzatori scarichi che il Narci ci ha già segnalato. L'aria è secca e la temperatura calda, 

nonostante siamo solo in primavera, la stagione dell'anno che ci permette, comunque, di ammirare la valle nel periodo migliore che smentisce la sua fama di morte e desolazione: qualche fiore colorato spunta tra le basse piante aggrappate al suolo secco e arido ed un  coyote solitario cammina su terre arse in cerca di cibo. 

E poi la strada sale su monti aspri e si domina la valle immensa, spettrale , sfumata di grigio delle rocce vulcaniche, di ruggine e di biancastro delle croste di bacini prosciugati.
Soffia il vento forte ed impetuoso e le nuvole non tardano ad arrivare.

giovedì 12 maggio 2016

Welcome to Las Vegas!

E dal deserto, che per giorni e' stato il nostro compagno di viaggio,  ci tuffiamo nell'esuberante e mitica Las Vegas che ci dà il benvenuto mercoledì 27 aprile nell'orario più propizio del crepuscolo, quando le luci naturali si abbassano per accenderne una miriade di artificiali ad illuminare un'intera "oasi" di illusioni e ridondanza.
 Camminiamo per le vie brulicanti di gente, irradiate da insegne multicolori e da mega schermi su cui scorrono pubblicità accattivanti, con il naso all'insù perché tutto è sviluppato in altezza, extra-large e superlusso.


 gioiellerie, shops, ristoranti e quant'altro e, attraversando lunghi corridoi ovattati da tappeti e moquette, scale mobili ed ascensori, ci si ritrova a passeggiare in un altro hotel che espone i propri negozi, le proprie griffe, la propria cucina sino a ritrovarsi dall'altro capo della città, collegata altresi da tram che corrono su monorotaie sospese in aria, su giardini lussureggianti e fontane zampillanti.

 tra androni e statue romane del "Caesars Palace" e fenicotteri giganti ed Art Deco del "Flamingo",
catapultati nella romantica capitale francese sotto la Tour Eiffel e l'Arc de Triomphe in miniatura del "Paris", o nell'affascinante cornice del lago di Como e le sue ville, del "Bellagio" che regala fantastici spettacoli di getti d'acqua a ritmo di musica sul lago artificiale, oppure nella suggestiva atmosfera del "Venetian" tra canali, gondole, ponti ,campielli, piazza San Marco e campanile, fedelmente riprodotti.
 E in tutto questo marasma di eccessi e stravaganze,  il gioco d'azzardo e' il protagonista indiscusso della città, che giorno e notte attira orde di visitatori, curiosi, giocatori incalliti e dilettanti che attorno a tavoli da gioco e slot machines, avviluppati da spire di fumo e vapori dell'alcool, tentano la fortuna, effimera e beffarda, nei maggiori dei casi. 

                                           E mentre rombano i motori delle mitiche Harley 

e dei grossi bolidi a quattro ruote e le limousine smistano turisti da un hotel all'altro, 

la ruota panoramica sgargiante e luminescente continua a ruotare, lenta ed incessante, su Las Vegas.

domenica 8 maggio 2016

Bryce Canyon e Zion National Park

Martedì 26 aprile lasciamo Page non prima di aver dedicato un po' di tempo alle "faccende domestiche" di rito.
Attraversiamo ancora per poco vasti territori navajo popolati solo da bassi arbusti, cactus in fiore e qualche rapace che si libra in volo aiutato dalle correnti, sino ad arrivare al vertiginoso Navajo Bridge, sul Marble Canyon, un originale ponte in ferro costruito nel 1929 che, appeso alle pareti verticali della gola, sovrasta ad arco il Colorado River da un'altezza di 140 metri. A lato, un ponte gemello inaugurato nel 1995, costruito per meglio supportare il traffico di mezzi pesanti nella strategica via di comunicazione tra Arizona e Utah e come collegamento tra i due Stati in una zona altrimenti inaccessibile.

Continuiamo il cammino osservati in lontananza dalle nude rocce del Vermilion Cliffs,


 passando a fianco di bizzarri macigni in equilibrio su piedistalli rocciosi sotto ai quali qualche nativo ha azzardato una dimora. 


Più tardi, salendo di quota,  il paesaggio muta in verdi foreste di conifere, vallate e villaggi rurali. Giunti al Bryce Canyon entriamo nel parco approfittando delle ultime ore di luce rimaste e della tregua che il mal tempo ci ha concesso.
 E' un insolito paesaggio apparentemente inanimato in un anfiteatro naturale, dove spuntano migliaia di pinnacoli di arenaria che sfumano dall'arancio al cipria, erosi dalla forza violenta di venti, acqua e ghiacci nei millenni. 

Gli "hoodoos" , in continuo mutamento, ci appaiono fragili e vulnerabili, come un enorme castello di sabbia, che granello dopo granello, si sgretola ad ogni fenomeno atmosferico e naturale che lo coinvolge, come gli archi sorretti a stento da colonne di arenaria che, quando stanchi si abbandoneranno alla gravità, daranno vita a nuovi alfieri di un esercito di sabbia rosa.
Il giorno successivo scendiamo a valle, lasciandoci alle spalle le nuvole grigie messaggere di neve. Lungo la strada, rottami d'auto americane attirano la nostra attenzione. 

Il percorso verso Las Vegas ci porta inesorabilmente ad attraversare un altro affascinante parco, lo Zion , in cui la strada d'asfalto brunito solca territori montani tra dune giganti di roccia ocra plasmate dal lavoro costante e assiduo degli elementi, in cui canyon profondi scavati dal Virgin River e dai suoi affluenti si presentano in tutto il loro splendore, sino ad oltrepassare due tunnel angusti e scendere per una serpentina protetta da alti fronti rocciosi che, come pagine di un vecchio libro, svelano la storia geologica del sito.

sabato 7 maggio 2016

Antelope Canyon

La mattina di domenica 24 aprile saliamo sul fuoristrada che da Page ci condurrà al vicino sito Navajo,
 l'Antilope Canyon, una lunga spaccatura di arenaria modellata nel corso di milioni di anni dell'erosione di acqua e vento. Si suddivide in due tratti, uno superiore più corto e agevole ed uno inferiore scavato nel sottosuolo, più lungo e ristretto. Ci troviamo all'ingresso dell'Upper Antilope Canyon dopo una pista di pura sabbia dorata protetta da alte dune. Entriamo in una sorta di rispettoso silenzio e ci incamminiamo attraverso un passaggio alto e stretto di pareti di arenaria corallo in cui fatica ad entrare la luce. E lo spettacolo ha inizio: è un gioco di forme sinuose e morbide che danzano ed ondeggiano in un corridoio roccioso tra chiaroscuri naturali che procura la flebile luce che entra dalle fessure sopra le nostre teste.
 E i rossi si sfumano negli aragosta, gli arancioni degradano negli ocra e nei biondi e dove le ombre si estendono, i viola risaltano e i bruni campeggiano. E la forza dei venti e delle acque plasmano le rocce dando loro sagome di volti e di animali alati, regalando alla fantasia libero sfogo.
 Il sole è allo Zenit ed un raggio fende il canyon, illuminando con un fascio di luce circoscritto, un punto al suo interno. Il pulviscolo turbina nell'aria e i colori si accendono. 
E lo spettacolo prosegue anche il giorno successivo al Lower Antelope Canyon, che penetra nelle viscere, si estende tortuoso ed angusto , ma armonico nelle forme e nei colori che sfumano grazie alla luce che filtra dall'alto, assieme alla sabbia che cade sospinta dal vento. 


E noi piccoli, ci insinuiamo all'interno delle  pareti di arenaria che ci sfiorano ad ogni nostro passare e ci accolgono tra le loro spire armoniose ed innoque, forgiate                                                                                                                                   dalle mani sapienti di Madre Natura.