giovedì 31 dicembre 2015

Cartagena de Indias e dintorni


Mercoledì 9 dicembre giungiamo nelle ore più calde della giornata a Cartagena de Indias, sesta città per popolazione della Colombia sulla costa nord del Paese, affacciata su una baia del mar del Caribe e su numerose lagune.
Siamo nella zona portuale e ci dirigiamo, traffico permettendo, alla ricerca del molo di partenza del Ferry che ci porterà a Panama.  Ma con amara sorpresa, scopriamo che il Ferry Express ha cessato di prestare servizio già da alcuni mesi e probabilmente non riprendera' più.  Ahinoi! Ci affrettiamo, allora, a trovare una compagnia navale che ci permetta di imbarcare il Narci per trasportarlo sino a Colon , Panama. E ci rendiamo subito conto che non sarà cosa facile. 

Nei giorni a seguire, e non  saranno pochi, ci dedichiamo alla visita della città vecchia, racchiusa tra le mure di cinta dell'epoca coloniale. Le case dai colori pastello, si affacciano su vie anguste che brulicano di bazar variopinti. Anche i muri più vetusti dei quartieri un tempo degradati, riprendono vita grazie all'abile mano di artisti sconosciuti. Minuscole piazze regalano una sosta piacevole all'ombra di qualche albero in fiore.

E con tutta la sua possenza e forza, troneggia il Castello di San Felipe , roccaforte inespugnabile che per secoli difese la città dagli attacchi nemici.

Lasciamo per qualche giorno la città per raggiungere Parque Tayrona e  circondarci ancora una volta di foreste, spiagge e mare azzurro. Riprendiamo la strada costeggaindo l'Atlantico ed arriviamo a Camarones, un villaggio di pescatori tra l'oceano e la laguna dove , a bordo di una piroga sospinta da una vela rustica ma efficace, giungiamo vicinissimi ad una colonia di fenicotteri rosa che abitano queste acque poco profonde , folte di mangrovie. 

Ci immergiamo nel fango del Vulcano Totumo e come penitenti , flottiamo nelle acque melmose e scure per non scivolare nelle sue viscere .
Ritorniamo a Cartagena in attesa di novità in merito al trasporto del Narci su una nave ro-ro o flatrack , da parte delle agenzie che abbiamo incaricato alla ricerca. 


Ed intanto , salutiamo l'anno che si conclude e brindiamo all'arrivo di quello nuovo in compagnia di altri viaggiatori che , come noi, attendono in Cartagena il passaggio per Panama' . 

Finalmente la notizia tanto attesa: Manfred, l'agente a cui abbiamo affidato il mandato, ci comunica che lunedì 4 gennaio la compagnia navale Seaboard ha in partenza una nave cargo su cui possiamo caricare il Narci su flatrack assieme alla Bougeotte. Espletiamo tutte le pratiche doganali, controllo antinarcotico , ultimo saluto al Narci e via per una nuova destinazione: Panama'.

domenica 13 dicembre 2015

Lungo la Cordigliera - Zona cafetalera


Mercoledì 25 lasciamo la capitale mattinieri per evitare il traffico, ma non c'è un orario ottimale perché inevitabilmente ci ritroviamo imbottigliati anche alle sei di mattina. Dopo circa un paio d'ore, Bogotà e' solo un ricordo e la strada si fa più calma e rilassata. Ricominciano i saliscendi della Cordigliera, morbidi e sinuosi. Il paesaggio e' un susseguirsi di cordoni montuosi verdi di cui potremo goderne ancora la vista qui in Colombia, dove termina la Cordigliera Andina.
Le piantagioni di caffè rivestono i pendii più scoscesi e le bacche rosse dei frutti appesantiscono i rami delle piante pronte per la raccolta.

Si scende di quota e le colture di ortaggi e alberi da frutta padroneggiano incontrastate, sino a salire a più di 3000 mt s.l.m. e la vegetazione si dirada, scoprendo le nude rocce della montagna.
Sul passo a 3700 mt s.l.m. tra le raffiche di vento e la temperatura decisamente più rigida, trascorriamo la notte in un campetto di basket di un villaggio andino.
Nei giorni successivi, percorriamo chilometri di strade montane, attraversando villaggi di campesinos e qualche cittadina caotica piu a valle, più su,  pascoli soleggiati dove mandrie bovine ruminano indisturbate.
Sui cigli della strada , i "lavaderos" arrampicati su camion cromati, lavano con l'acqua delle sorgenti naturali i bisonti della strada . 

Arrivati a Montenegro, per una strada di campagna costeggiata da numerose "fincas" coloniali  adornate di fiori, visitiamo il "Parque Nacional del cafe'" , parco tematico che illustra con eventi, musei e attrazioni, il mondo del caffè nel Paese. Ripercorriamo la Cordigliera ed arriviamo a Salento, un coloratissimo paesino coloniale che sfoggia vivaci case di bambù, affacciate su viuzze movimentate da  variopinte botteghe di souvenirs. Proseguiamo la strada che ci accompagnerà a Santa Rosa de Cabal, un villaggio nascosto tra i monti che dopo uno sterrato tra 

eucalipti ci conduce ad una cascata naturale di acqua termale che alimenta una piscina all'aperto , per un rilassante bagno tra i boschi.

L'indomani riprendiamo la strada principale e saliamo verso Salamina. Il cammino si snoda tra i monti e la vista dall'alto è uno spettacolo. La via, dopo tanto asfalto, si restringe e diventa una pista sconnessa e tortuosa, che serpeggia tra pendii ripidi e strapiombi vertiginosi. Arriviamo inevitabilmente col buio e Salamina sembra attenderci festosa e sonante: sta celebrando la Vergine Maria , la settimana prima dell'Immacolata, con processione , banda musicale e fuochi d'artificio.
La mattina seguente, visitiamo il paese coloniale, dichiarato nel 1982 patrimonio dell'umanità per la sua architettura risalente al XIX secolo ben conservata, per la gastronomia tipica ancora presente e per la sua economia basata sulla coltivazione del caffè,  la sua raccolta e distribuzione.
 
Non a caso, visitiamo una piantagione, proprietà di un italiano che con la collaborazione di campesinos locali, gestisce la coltura di 7 ettari di caffè, abbarbicato ai pendii scoscesi della Cordigliera. A fatica ci addentriamo tra le piante di caffè e sperimentiamo , seppur per brevi momenti, il duro e faticoso lavoro dei campesinos che con sudore coltivano manualmente senza ausilio di macchinari,  questo meraviglioso frutto . 

Mercoledì 2 dicembre, arriviamo a Medellin, seconda città per numero d'abitanti della Colombia dopo la capitale. Ci dovremmo soffermare qualche giorno in attesa di alcuni pezzi di ricambio per la Toyota di Jean Paul e Mado che per la seconda volta si sono rotti strada facendo.

Ammazziamo il tempo visitando il Giardino Botanico in centro città: numerosissime le specie floreali e le piante che ospita; al suo interno anche un laghetto che accoglie pigre tartarughe che si scaldano al sole , come grosse iguane che galleggiano sulle ninfee flottanti. Qualche esemplare di coccodrillo si mimetizza tra le foglie . Sono molteplici anche le specie aviarie e le farfalle coloratissime che popolano una zona a loro dedicata.

Domenica 6 lasciamo la città e salutiamo anche la zona montana per avvicinarci alla calda costa colombiana.


Bogota'


Lunedì 23 novembre partiamo alla volta della capitale, Bogotà, che dopo non molti chilometri, ci accoglie caotica, rumorosa e strombazzante. Avanziamo adagio nel traffico intenso ma fluido e dopo un dedalo tra strade, incroci, sottopassi e cavalcavia, sensi unici e circonvallazioni arriviamo al parking dove  stazioneremo nei prossimi giorni, in compagnia di Mado e Jean Paoul, gli amici francesi incontrati in Venezuela che, dal nostro ingresso in Colombia,  proseguono il viaggio con noi.

L'indomani partiamo a piedi per i saliscendi di Bogotà e ci addentriamo nel quartiere La Candelaria, tutto in stile coloniale, colorato da murales d'ogni genere  ed opere d'arte che si mescolano ai passanti nella piazzetta centrale.
Camminiamo per le vie movimentate della città e di tanto in tanto si scorgono le cupole di vecchie basiliche che contrastano con il plumbeo del cielo che minaccia pioggia. 

Entriamo al Museo dell'Oro ed è tutto un luccichio di preziosi manufatti aurei del periodo pre-colombiano. E non solo: opere in pietra, legno e tessili testimoniano la vita delle popolazioni dell' antica Colombia, prima della colonizzazione europea.

Prima di rientrare, non ci lasciamo sfuggire la vista impagabile di Bogotà dall'alto, al tramonto: una ripidissima funicolare  ci accompagna a 3200 metri s.l.m. sul Monserrate e da lì aspettiamo che il sole ceda il posto alle ombre della sera e Bogotà si accenda di milioni di piccole luci.
E da li a poco, la magia si avvera!

venerdì 20 novembre 2015

Barichara e la Catedral de Sal

Martedì 17 proseguiamo il cammino verso Barichara.

 La strada sinuosa lambisce clivi morbidi, accarezzati dal sole e giunge soave al paesino coloniale sorto più di 250 anni fa. Costruito tutto in pietra argillosa locale, è dichiarato Monumento Nazionale nel 1975. L'atmosfera pigra e rilassata si respira ad ogni angolo del villaggio le cui vie lastricate conducono alla piazza principale su cui si affaccia imperiale la Catedral in pietra dorata , risalente al XVIII secolo.

Le case ad un solo piano, di mattoni di terra cotti al sole, sfoggiano terrazzini di legno in tipico stile coloniale ed infissi colorati risaltano sulle facciate di calce bianca. Il silenzio e la pace regnano sovrani come nel cimitero del villaggio in cui tutte le lapidi sono pregiate sculture in pietra ambrata.
Lasciamo anche questo incantevole borgo e avanziamo adagio lungo la strada andina, sino ad incontrare un sito idoneo per passare la notte.
La mattina seguente, partiamo alla volta di Villa de Leyva. Poco distante, un ritrovamento di un fossile ben conservato di rettile marino, il Pliosaurio, risalente al Cretaceo, ha originato un piccolo museo verso il quale siamo diretti.

Abbandonata la strada principale, percorriamo numerosi tratti di pista che , in alcuni casi, si rivelano insidiosi.
Giovedì 19 si riprende la strada montana che sale morbida sino ai 3000 mt s.l.m. e non scende al di sotto dei 1300 mt. S.l.m. Attraversa villaggi di campesinos dediti all'allevamento di bestiame che rumina indisturbato su pascoli estesi. Il profumo di eucalipto pervade l'aria tersa e frizzante.
Giungiamo a Zipaquira,  una cittadina coloniale a quasi 2900 mt s.l.m. per ammirare la famosa "Catedral de Sal" sorta nel settore della miniera di sale oggi non utilizzato.
Si tratta di un'imponente opera ingegneristica creata su tre livelli, all'interno della miniera , che scende sino a 180 metri di profondità. 

Venerdì mattina entriamo nell'oscurità del sottosuolo e siamo circondati da pareti scure spessissime, magistralmente scavate nei secoli dall'uomo per l'estrazione del sale . Oggi, patrimonio dell'umanità, il sito, trasformato in Cattedrale, rappresenta le quattordici stazioni della Via Crucis, tutte interamente plasmate nel sale. Le linee nette e pulite delle sculture simboliche emanano forza e carattere e il tutto è ancor più accentuato dai giochi di luci e dall'Ave Maria di Schubert che si diffonde nell'aria. Giungiamo al piano più basso, nelle tre navate della Cattedrale, dove imponenti si innalzano quattro colonne di sale a simboleggiare i quattro evangelisti. Nello sfondo, dietro all'altare, una parete nera di sale e' magistralmente intagliata a formare una croce alta 16 metri, larga 10 e profonda 84 cm, che retroilluminata, campeggia su tutta la cattedrale. 


Uno specchio d'acqua salata riflette la volta rocciosa sovrastante e l'effetto ottico inganna noi visitatori che tratteniamo il respiro a veder aprirsi il vuoto sotto di noi.
Un ambiente magico e suggestivo, emozionante e coinvolgente nelle profondità di Madre Terra!

Ingresso in Colombia

Venerdì 13 novembre , nel pomeriggio, con gioia e sollievo  entriamo a Cucuta, in Colombia. 

Dopo una festicciola tra gli amici incontrati al confine in Venezuela, passiamo la notte tranquilli nel piazzale della dogana.

 L'indomani, partiamo direzione Pamplona, un villaggio in stile coloniale abarbicato sui pendii della Cordigliera Andina.
Domenica 15 lasciamo le strette e ripide strade di Pamplona e ci dirigiamo verso Silos. La strada è buona e si snoda tra le montagne andine, rigogliose e variopinte. Sale e scende e poi risale a più di 3000 mt s.l.m. e poi scende tagliando vallate ammantate da verdi pascoli e terreni coltivati a ortaggi, legumi e dolcissime fragole. 

Lasciamo la strada principale per imboccarne una secondaria che scendendo curva dopo curva ci condurrà al paesino di 1300 anime, con le case coloniali affacciate sulla piazzetta, nella quale i locali, avvolti nei tipici poncho di lana, si raccolgono dopo la Messa.
Anche noi, per qualche ora,  ci mescoliamo ai paesani, passeggiando per il piccolo mercato e curiosando per le viuzze scoscese.
Ma non passiamo inosservati e di lì a poco ci suggeriscono di lasciare il villaggio e di abbandonare l'idea di un bagno ristoratore nelle acque termali del sito per la presenza della guerriglia.

Risaliamo, pertanto, la via e riprendiamo il cammino sulla strada principale che scorre piacevole tra boschi lussureggianti e villaggi di campesinos.

Le nuvole corrono basse e scure e non tardano a scaricare con forza tutta la loro acqua, conciliando un dolce sonno.
Lunedì 16 novembre scendiamo più a valle, attraversiamo Bucaramanga, grossa cittadina della regione di Santander e risaliamo la ruta 66, tra pendii alberati che salendo cedono il passo a pareti rocciose, cosparse di cactus, "quebrade" , sino a dominare il Canon del Chicamocha, lungo più di 220 km e profondo più di 2000,  solcato dall'omonimo fiume. Ci troviamo nel Parque Nacional del Chicamocha che di lì a poco ammireremo sospesi dalla teleferica che, a più di 1600 mt s.l.m., congiunge i 6,3 km di distanza tra i due versanti del canon.

Alti nel cielo, si librano, leggeri, coloratissimi parapendii.

martedì 17 novembre 2015

Da Merida verso il confine


La mattina del  31 ottobre partiamo per la montagna. La strada e' lunga e si inerpica tra i verdi pendii della Cordigliera Andina, sino a raggiungere il picco più alto, Pico El Aguila, a 4050 mt s.l.m. tra le nuvole che tutto avvolgono

. Poi scendiamo ed abbondano le colture di ortaggi, fragole e patate. Attraversiamo villaggi montani e i volti arrossati dal freddo si stupiscono al nostro passare. 

Arriviamo a Merida, città più a valle, in cui soggiorneremo un paio di notti, trascorrendo le giornate nei parchi tematici che raccontano il Venezuela dei primi novecento.

Ripartiamo poi alla volta di San Cristobal, ultima tappa prima di arrivare a San Antonio del Tachira, al confine , che raggiungeremo sabato 7 novembre, con la speranza sempre viva di riuscire a varcare la frontiera venezuelana che da più di due mesi è chiusa con la Colombia.
Ma con amara sorpresa scopriamo che il problema non è tanto uscire dal Venezuela, quanto entrare in Colombia, che a sua volta, per le forti tensioni tra i due Paesi , ha chiuso l'accesso a tutti coloro in transito dal Venezuela, turisti compresi.

Al confine altre tre coppie di viaggiatori attendono pazientemente da più di due settimane che le trattative tra le loro Ambasciate e le Autorità colombiane giungano ad una conclusione positiva. Ed alle loro, nei giorni a venire, si aggiungono anche quelle dell'Ambasciata italiana in Bogotà.
L'attesa è snervante e le notizie non fan certo sperare. Ma la sera di giovedì 12 novembre, quando ormai rassegnati all'idea di partire sabato per ritornare indietro sino all'unica frontiera aperta, quella con il Brasile, risalire in " balsa" l'Amazzonia brasiliana, entrare in Perù sino all'Ecuador per varcare la frontiera colombiana ci sembrava l'unica alternativa seppur bizzarra da considerare, giunge la notizia inaspettata che Venezuela e Colombia hanno negoziato il nostro ingresso nel Paese, così come quello di più di duecentto veicoli colombiani attualmente trattenuti in Venezuela ed altrettanti venezuelani bloccati dall'altro lato.

Con gioia e con sollievo venerdì 13 novembre, scortati dai militari, varchiamo il confine accompagnati dai saluti generosi di tanta gente che condivide con noi l'emozione di questo giorno.
Un ringraziamento particolare a Riccardo e America che ci hanno accompagnati in sicurezza durante buona parte del nostro soggiorno in Venezuela, facendoci scoprire le bellezze di questo Paese e le sue innumerevoli contraddizioni, la sua cultura culinaria e le tradizioni dei suoi popoli.
Un ringraziamento a Riccardo che, quale Commisionario Speciale del Governo Bolivariano si è prodigato affinché potessimo uscire dal Venezuela senza ostacoli.
Cogliamo l ' occasione anche per ringraziare le Ambasciate italiane in Caracas e in Bogotà,  il Vice Consolato italiano di Puerto Ordaz che hanno messo a disposizione la loro diplomazia , unita alla pressione delle rispettive Ambasciate dei turisti francesi, brasiliani ed argentini, per far sì che la Colombia aprisse in via del tutto eccezionale la frontiera.
Un doveroso ringraziamento al Gen.Carlos Alberto Martinez Stapulonis della Divisione Unica della Zona di Sicurezza Fronterizia N.1 ed il Comandante Viana per la loro collaborazione.

lunedì 2 novembre 2015

Antigua Mision- Parque de la Exotica Flora tropical Nuestra Senora del Carmen


Venerdì 30 ottobre  lasciamo la costa occidentale per dirigerci verso l'interno, in montagna. Ma prima ci concediamo una tappa da non perdere: alla periferia di San Felipe, in un parco esotico di più di 10 ettari, si trova raccolto un antico convento di cappuccini, ora trasformato in resort, dal quale si può accedere al vasto giardino tropicale, creato dall'architetto francese, paesaggista e botanico, Philippe Tose, il quale è riuscito a creare un armonioso parco botanico ospitando più di 5 mila piante di 250 specie diverse, provenienti da tutto il mondo.

 E l'intento è più che riuscito: percorriamo i 4, 5 km del percorso su un veicolo elettrico, tra alberi centenari, piante che con le loro foglie, colorano il sottobosco e specie floreali dalle forme inusuali come il fiore  "microfono" che spremuto rilascia un'acqua profumata, o le varietà di ginger dai fiori a pannocchia rossi, penduli come una " proboscide d'elefante" o raccolti in gruppo come un "bouquet da sposa"; 

ed ancora grossi fiori rosa detti "di porcellana " per il lucido dei petali, turgidi e carnosi. Ondeggiano alla brezza folti papiri e canne di bambù giallo, si arrampicano liane nodose su sequoie secolari e danzano al vento le chiome verdi striate di giallo delle " ballerine" , piante che per il loro fusto diviso in molteplici "gambe" ricordano , appunto,  delle esili danzatrici.
 Ed ancora, sanseverie , dracaene , palme ed agavi di varie specie, forme e colori. 
Vicino alle calme acque di uno stagno, sgambettano indisturbati dei fenicotteri rosa, mentre, più in là,  un pavone reale sfoggia il suo piumaggio cangiante.

Parque Morrocoy

Lunedì 26 ottobre scendiamo dai monti per il versante opposto all'andata ed il panorama è un quadro di verdi montagne all'orizzonte e pendii ammantati di verdi pascoli. La careggiata non è molto ampia  e la pendenza mette a dura prova i freni del Narci. Scesi in piano, attraversati numerosi paesi e villaggi rurali, imbocchiamo l'autopista che ci condurrà al Parque Nacional Morrocoy
,  parco marino nel litorale nordoccidentale del Venezuela, nello stato Falcon.
Il giorno seguente , riservata una lancia , partiamo alla scoperta del parco e dei suoi numerosissimi "cajos" , isolotti fitti di mangrovie che svelano lingue di sabbia bianchissima bagnate da acque trasparenti, dalle svariate cromie d'azzurro.

Il parco ricopre un'area vastissima e gli isolotti sono molteplici. La lancia sfreccia sul mare appena increspato , tra dedali di mangrovie e "cajos" incantevoli.







 Ci bagnamo nelle acque turchesi di "Cajo Playuela" e di "Cayo Sombrero" dove degustiamo in riva al mare, una prelibata aragosta fresca di giornata, che propongono i pescatori locali, accompagnata da paella di mariscos, inasalata creolla e ceviche, pesce crudo marinato al limone.

E poi via, per un altro bagno tra le mangrovie, in una piscina naturale di acqua cristallina in mezzo al mare; e poi ancora, tra i bassi fondali, spiccano  numerose stelle marine giallo arancio. Incantevoli anche "Boca Seca" e "Playa Azul". 

Rientriamo prima del calar del sole , appagati da tanta bellezza che la Natura anche oggi ci ha regalato.

Colonia Tovar

Sabato 24 ottobre partiamo mattinieri per raggiungere Colonia Tovar, lasciando la zona costiera.
Il passaggio per Caracas è d'obbligo, anche se solo per  la bretella esterna. In lontananza, svettano  





grattacieli e palazzi fatiscenti, strade che si intersecano e case colorate assieme a baracche rivestono i pendii dei monti che circondano la capitale. 











Iniziamo a salire e la pendenza è notevole , le curve aumentano e la temperatura diminuisce.
Finalmente arriviamo a destinazione e l'impressione è di essere in un altro Paese . Colonia Tovar

infatti, è una colonia alemanna, fondata nel 1843 . Per lungo tempo rimase una cittadina isolata sui monti e ciò ha permesso ai suoi abitanti di mantenere inalterate la propria cultura,  lingua, che successivamente si fuse con lo spagnolo e  tradizioni, rendendola una realtà autosufficiente , capace di convertire i pendii scoscesi in terreni fertili e produttivi. 










L'impronta tedesca si nota soprattutto nello stile architettonico delle case e nella cucina tipica alemanna e nei fiumi di birra che nel week end scorrono per festeggiare l'Oktoberfest che anche qui ogni anno richiama migliaia di turisti che affollano le stradine di questa particolarissima località del Venezuela.
mare per assaporare un po' il fresco della montagna.