lunedì 18 agosto 2014

sulla via di La Paz

La strada per la capitale boliviana è lunga. E' lampante il progresso del Paese e lo si nota dalla strada a due vie che stanno completando da Oruro a La Paz. Taglia a metà villaggi che sino a ieri conoscevano solo polvere e sassi da calpestare per raggiungere altri villaggi di case dai tetti di latta. Alcuni anziani, seduti a terra, guardano rassegnati il tempo che passa. I bimbi, raccolti a cerchio sull'asfalto di una strada interrotta, gridano incuriositi, al nostro passaggio.

Le nuvole scure e cariche di pioggia sovrastano il cielo sulla Cordigliera Andina all'orizzonte.
La Paz ci accoglie con il suo caos di sempre: macchine, camion, taxi, bus colorati che strombazzano per infilarsi nelle vie che portano al centro, ognuno con il proprio codice della strada. Anche noi ci adeguiamo allo stile locale e ci facciamo largo a suon di trombe. Percorriamo una strada contorta di montagna per raggiungere il camping Oberland e ci soffermiamo a visitare una straordinaria conformazione rocciosa di argilla grigiastra che per effetto della costante erosione naturale si è deteriorata e logorata a tal punto da originare picchi, solchi e colonne, come un gigantesco castello di sabbia che da secoli è habitat naturale di parecchie specie animali e vegetali: è la Valle de la Luna in cui ci addentriamo camminando per godere della magica suggestione di questo paesaggio dall'aspetto lunare.

Sabato, alloggiati al camping, ci dedichiamo al checkup di Narciso, che dopo chilometri di sterrati e piste impegnative, ci sembra doveroso. Constatiamo con soddisfazione che non ci sono particolari problemi; solamente il gruppo elettrogeno non produce energia e richiede la sostituzione del condensatore. Ma dove lo troviamo in Bolivia, a La Paz, nel week-end? Ci vuole "suerte"!
Domenica 17 agosto partiamo di buon ora per visitare la città, partendo dalla zona più in quota, detta El Alto. Siamo stupiti dalle migliorie apportate alla capitale: giardini, aiuole, ponti pedonali, viabilità moderna e non ultima, la teleferica, inaugurata qualche settimana fa che collega con rapidità gli abitanti della città bassa con El Alto. Decidiamo di provare la nuovissima opera ingegneristica e, subito, ci dobbiamo armare di pazienza perchè la fila per l'ingresso è interminabile.

 Non ci scoraggiamo e quasi dopo un'ora, saliamo. La vista della città dall'alto nella sua totalità è impressionante, come è impressionante il numero di abitazioni di mattoni rossi che fodera i versanti delle montagne che circondano La Paz che, a sua volta, sorge all'interno della valle. In basso, spunta qualche grattacielo. In alto, solo case monocromatiche, fatiscenti, con tetti luccicanti di lamiera e terrazzi esposti al sole dove intrecci di fili sono appesantiti dai panni stesi ad asciugare. E' domenica e intuiamo sia giornata di bucato e di igiene personale: si scorgono donne che pestano abiti colorati in mastelli colmi di schiuma e uomini che si risciacquano i capelli nelle tinozze all'aria aperta. E' un brulicare di gente che si muove tra un labirinto di costruzioni sorte, chissà, per opera di quale piano regolatore, ma che resiste alle difficoltà del clima e del terreno impervio e così fragile, che sembra sgretolarsi ad ogni minima pressione, ma che a dispetto, resiste nel tempo.

Arriviamo a El Alto e subito siamo coinvolti nel mercato domenicale: colori, odori, sapori ci investono e rapiti, ci confondiamo nella folla. Si trova di tutto: arnesi, pezzi di ricambio d'auto e camion, bulloneria, viti, molle, rivetti, nastri, cinghie, autoradio e poi ancora, verdura e frutta coloratissime, abiti, tendaggi, coperte, venditori di rotoli sfusi di carta igienica, scarpe. E ambulanti che, dai loro carretti spinti a mano, scoprono pentoloni fumanti di carni annegate nel brodo, patate e riso. Pollo e pesce fritti che sfrigolano nell'olio bollente in teglie annerite. E poi ancora, donne che invitano ad assaggiare l'ottimo frullato vitaminico di frutta esotica e panna che preparano al momento. Seduti a terra, vecchi e bambini, consumano il pasto quotidiano. E in tutto questo marasma di suoni e colori, di arti e di mestieri, incontriamo il tanto agognato "condensatore" che, speriamo, ci permetta di far funzionare a dovere il gruppo elettrogeno. Scendiamo, contenti dell'acquisto, a La Paz, e ci perdiamo per le sue vie e i suoi quartieri. Palazzi coloniali abbandonati al degrado e al passar del tempo; mercatini colorati dove donne avvolte nei loro gonnelloni e grembiuli non più lindissimi, mettono in mostra le loro mercanzie; le bombette inclinate sui loro capi nerissimi, restano in bilico miracolosamente ad ogni loro movimento ed i volti segnati dalle pieghe profonde della pelle abbrustolita dal freddo e dal sole, rivelano tutte le difficoltà e gli stenti che ogni giorno combattono .
Numerosi feti di lama sono appesi all'ingresso di fantomatiche "farmacie" che espongono erbe medicinali, medicamenti e altri unguenti, capaci di guarire ogni malanno.


Alziamo lo sguardo al cielo ed è un groviglio di cavi elettrici che metterà a dura prova anche il miglior elettricista di zona.



Per terra, gli scarti dei mercati, che sfamano la multitudine di cani randagi che sguinzaglia per la città. Questa è La Paz!!!









mercoledì 13 agosto 2014

Uyuni

Finalmente arriviamo ad Uyuni, dopo chilometri di lande desertiche, strade polverose e villaggi assolati, dove incrociare un abitante e' cosa assai rara. All'ingresso della città non possiamo non soffermarci al "cimitero dei treni": decine di locomotive e carrozze dismesse e abbandonate che giacciono inanime e arrugginite ai margini della vecchia ferrovia.

Ed il pensiero corre al tempo in cui, ancora scoppiettanti, viaggiavano su binari infiniti solcanti terre aspre e dimenticate, carichi di persone con i loro animali e merci. Ora, riposano sulla sabbia, violati da qualche mano che non ha resistito a siglare il proprio passaggio con lo spray colorato, immortalati da mille scatti di altrettanti visitatori che, come noi, rendono omaggio al loro onorato servizio .
Entriamo ad Uyuni ed il passaggio della Dakar 2014 e' evidenziato su ogni muro, tabellone, insegna. Camminiamo per le bancarelle multicolori del mercato della domenica, tra donne vestite con  gonne arricciate , gonfie di sottogonne, col tipico cappello a bombetta su capelli nerissimi raccolti in un paio di lunghe trecce.

Alle spalle, annodato il variopinto drappo che, come un fagotto, nasconde piccole creature, cibarie o utensili.
Lunedì 11 agosto partiamo alla volta del grande Salar, l'enorme deserto di sale che con i suoi quasi 10600 km2  risulta essere la più grande distesa di sale al mondo, a 3650 mt s.l.m. Nelle prime ore del pomeriggio il Narci imprime le sue orme sugli esagoni di sale e inizia a camminare libero e disinvolto sulla superficie ruvida e candida del deserto. Giochiamo, filmiamo e non lesiniamo in fotografie. Confezioniamo alla meno peggio, con ritagli di stoffa, una bandiera italiana che scopriamo mancare tra le tante che sventolano alle porte del Salar, all'Hotel di Sale.

Ci dirigiamo diritti alle due isole che campeggiano al centro del Salar: Isla Incahuasi, la prima, Isla del Pescado, la seconda, più grande. Entrambe costellate di giganteschi  cactus e cespugli dagli aculei appuntiti, abitate da viscaccia e comatocini che si librano in volo sul cielo terso.

La luce cala, le ombre si allungano ed il silenzio piomba più assordante che mai! La luna piena sorge all'orizzonte e rischiara tutto il deserto. Noi piccoli, in questo infinito lago di sale, ci addormentiamo, coccolati dal vento.
Ci svegliamo all'alba, baciati dal sole, e ci dirigiamo a Coqueza, una dell' uscite dal salar, opposte ad Uyuni, alle pendici del Vulcano Tunupa. Il villaggio di fango e paglia è semideserto, qualche volto appare e scompare dietro una tenda alla finestra; dentro un cortile, giocano dei bimbi con un copertone dismesso. Saliamo il monte per un sentiero di pietre e polvere e giugiamo alla cueva che racchiude, ben conservate, sette mummie di più di 800 anni fa, che in posizione fetale attorniate da suppellettili, sono state ritrovate a 3600 mt s.l.m. nascoste e ben custodite in questa grotta.
Salutiamo il Salar de Uyuni, uscendo da Jirira. Percorriamo una strada dissestata di sassi e sabbia, adiacente le rive del salar, attraversando villaggi abbandonati e  terreni coltivati a patate e quinoa, pascoli di lama e pecore che brucano erba secca che spunta da queste terre salate.
Camminiamo sino a tarda sera, per una strada sconnessa di ripio, sabbia e tulle ondule. Attraversiamo nell'oscurità una vasta zona sabbiosa e deserta, a tratti fangosa, sino ad arrivare ad un paesino che ci ospita in silenzio nella grande piazza, sotto l'occhio protettivo, del Santuario.

lunedì 11 agosto 2014

Altopiani boliviani

E' arrivato il momento di lasciare anche il Cile, questa slpendida lingua di terra che concentra in se' una moltitudine di paesaggi e colori, e decidiamo di farlo la mattina dell'8 agosto da San Pedro de Atacama. Il cielo e' coperto e le nuvole minacciose sono un cattivo presagio: la dogana per la Bolivia e' chiusa, come quella per l'Argentina, in quanto i passi per raggiungerle sono innevati! Le notizie frammentarie e confuse non ci permettono di capire se il nostro ingresso in Bolivia averra' a breve, tra qualche ora o peggio tra qualche giorno! Inizia l'estenuante attesa, tutti i veicoli in colonna, bloccati dalla polizia cilena che, dopo 5 lunghe ore, lascia passare solo chi, come noi, deve entrare in Bolivia. Alla frontiera boliviana scopriamo, con amarezza, che non c'e' traccia di neve , anche se il tempo non promette niente di buono, e che saremmo potuti partire subito la mattina! La buona notizia, invece, e' che anche il Narci fa dogana presso Migracion Bolivia come noi passeggeri e non  piu' al passo Apacheta a piu' di 5000 mt s.l.m. come una volta!
Varcato il confine, entriamo nella Reserva National de Fauna Andina Eduardo Avaroa, sugli altopiani boliviani, che comprende, tra le altre meraviglie, anche il desierto de Salvador Dali'.
Il cielo e' cupo quando arriviamo alla laguna Blanca, semigelata, e la laguna Verde dalle acque smeraldo. Avanziamo senza tregua tra pietre e sabbia perche' le ore di luce rimaste sono veramente poche. Siamo diretti alle termas Polques, vicine alla laguna Chalviri, dove sosteremo la notte ad una altitudine di più di 4400mt. Il vento inizia ad alzarsi forte e gelido, il cielo e' sempre piu' scuro e la luna scompare tra le nubi cariche di neve. Arriviamo con il buio, dopo piste di arena rossa che solcano deserti sabbiosi circondati da monti e vulcani. La mattina, ci alziamo all'alba per un bel bagno ristoratore nella pozza d'acqua termale in riva alla laguna e, sorpresa,  il paesaggio che ci circonda e' immacolato dalla neve scesa nella notte.

 I raggi mattutini stentano a bucare l'opaco che sovrasta gli altopiani innevati e si fatica a distinguere la terra dal cielo. Camminiamo in un deserto imbiancato dove anche le piste non si intravedono piu' se non grazie all'ausilio del gps a bordo del Narci. E finalmente, giungiamo alla Laguna Colorada di un intenso rosa corallo che risalta in tutto il suo splendore tra il candore della neve e le sue rive di crosta di sale. Centinaia di fenicotteri rosa zampettano nelle sue acque, eleganti e bellissimi.

 Ci allontaniamo: la neve si dirada ed il sole fa capolino tra le nuvole, regalandoci la vista degli altopiani e della loro cornice montuosa, cosi' come ce li ricordavamo. Spiccano i toni dorati della stipa sulla sabbia rossa ed i pendii verde bosco e tabacco, sono spruzzati di neve solo sulle cime.



 Alcune rocce dalle forme bizzarre preannunciano la vicinanza 

dell'Albore de Piedra che per millenni resiste alle sferzate del vento: una roccia vulcanica dalla forma d'albero con la chioma sorretta dal tronco sempre piu' assottigliato.
Proseguiamo e le nuvole scure ci rincorrono lontane. La luce calda del sole che si prepara a calare riscalda i colori. Avanziamo lentamente sul terreno sconnesso e ricco di tulle ondule ela pista che seguiamo da ora costeggia diverse lagune salate,che per la loro composizione, sfumano nei toni del giallo celeste e rosato. Ed eccola, sul finale, la vasta laguna Hedionda, baciata dal sole del tardo pomeriggio,con le sue acque cristalline orlate da sale che affiora sul fango e ciuffi dorati che si piegano al vento.Spiccano sulla superficie cangiante numerose colonie di "Flamencos" rosa che banchettano indisturbati.
Leggiadri si alzano in volo spiegando le loro grandi ali nere e si posano sul fondo melmoso con le lunghe zampe filiformi compiendo piccoli passi di danza, come ballerine in tutu rosa.
Altri, terminata la cena, si dedicano alla toilettatura.
E' qui, all'Hostel El Flamenco, che conosciamo Frederic e Michel, due francesi che, zaino in spalla, si accingono ad attraversare gli altopiani a piedi. Hanno appena concluso la traversata in tre giorni del Salar de Uyuni. Rimaniamo esterefatti di tanta forza e comprendiamo che non c'e' limite alla volontà dell'uomo.

Trascorriamo la serata in loro compagnia e la mattina dopo, il 10 agosto, scattiamo alcune foto ricordo con loro e con il dueno della struttura che ci invita a Tunupa, all'uscita del Salar de Uyuni, al suo originale Hotel di sale.
Salutati i ragazzi, partiamo anche noi, diretti ad Uyuni, attraversando l'ultimo tratto della riserva, incontrando lagune, piste inerpicate sui monti, cosparse di pietre e sabbia finissima come borotalco.



giovedì 7 agosto 2014

Nei dintorni di Atacama

Siamo a San Pedro de Atacama, una tranquilla cittadina nella regione di Antofagasta, in Cile. Ne vogliamo conoscere i dintorni, cosi' la mattina del 6 agosto, ci dirigiamo alla Laguna Cejar

 che per la sua alta concentrazione salina, permette a qualsiasi corpo che vi si immerga di fluttuare inevitabilmente. E noi non manchiamo di sperimentare il fenomeno, calandoci nella laguna con non poche esitazioni data la temperatura glaciale dell'acqua. Ci fanno compagnia dei gabbiani delle Ande che, buffi, sembrano danzare sul bagnasciuga di cristalli di sale. Vicino, un'aureola pantanosa che nasconde, tra fitti canneti, altre lagune salate, bordate da una fragile crosta di sale.
Sullo sfondo, la sagoma inconfondibile ed onnipresente del vulcano Licancabur.
Nel pomeriggio, entriamo nella Valle de la Luna, un'estesa area desertica in cui convivono alte dune di sabbia plasmate dal vento e formazioni rocciose  originate nel corso dei millenni da accumoli stratificati di sale, argilla e sabbia, come l'Anfiteatro e les Tres Marias.

 Ma ancor piu'  spettacolare, la Cueva de Sal, una caverna  di cristalli di sale, creata per effetto dell'alta pressione e l'assenza di umidita' . All'interno si cammina per corridoi angusti al buio rotto dalla luce delle torce e si fuoriesce tra le pareti taglienti e guglie di salgemma di questa spettacolare scultura naturale. A due passi, il canyon di sale, che ad ogni nostro passaggio, crepita al calore del sole.
La luce calda del tramonto, riscalda i colori della splendida valle lunare!
Il giorno dopo, ci rilassiamo nelle Terme di Puritama,

 un rio di acqua termale di un vicino vulcano sotterraneo, che scorre nascosto alla base di un canyon, tra folti cespugli di pampa e piante del deserto andino.
Piu' tardi, riprendiamo il cammino per una lunga strada dissestata di montagna che dopo numerosi tornanti corre su una steppa dorata a piu' di 4000 mt s.l.m. per poi abbassarsi e costeggiare  degli stagni in cui zampettano fenicotteri, anitre selvatiche, gabbiani delle Ande e si abbeverano alcuni guanachi.
Continuiamo a salire e il paesaggio muta nuovamente: siamo soli in un altopiano desertico di arena color cipria e nello sfondo i coni di numerosi vulcani addormentati da tempo.
I raggi del sole ormai obliqui, tingono di oro e zafferano la Cordigliera.
Arriviamo con il buio al El Tatio, per ammirare, l'indomani, i famosi geysers a 4320 mt s.l.m.
Sostiamo per la notte all'ingresso del sito. La mattina alle 5, 300 ci alziamo per non perderci lo spettacolo dei geysers la cui attivita' maggiore e' limitata tra le 6, 00 e le 7, 00 che per effetto dello sbalzo termico del sottosuolo e l'esterno, regalano sbuffi di calore e spruzzi di acqua a 85º , alti anche una decina di metri. Il termometro segna -14º . Ci addentriamo ancora con il buio nell'area protetta ed e' tutto una nuvola di vapore che sfuma nell'aria gelida. Piccoli crateri sul terreno sfogano il loro calore con vapori sulfurei e acqua che sobbolle. E poi ha inizio lo spettacolo dei geysers, colonne di acqua bollente che con foga si elevano dal sottosuolo avvolti da un'intensa nube di vapore, ed e' un'esplosione di  eruzioni in tutta la conca geotermica. Il suolo sotto i nostri piedi, borbotta.

martedì 5 agosto 2014

La Puna

Ci svegliamo la mattina del 4 alle prime luci del sole, ignari che il termometro esterno segni -14º!
Sugli altopiani il clima e' molto asciutto e l'escursione termica tra il giorno e la notte e' elevata, soprattutto in presenza di vento.
Il Narci si avvia senza problemi e risponde positivamente all'effetto altitudine ed anche noi, rispettate le fasi dell'acclimatamento, non riscontriamo particolari difficolta'.
Ci mettiamo in marcia verso la frontiera , Paso de Jama a 4320 mt s.l.m. 

Iniziamo a salire e subito lasciamo il rosso dei rilievi di Susques per incontrare le montagne nude, a tratti rivestite di basse graminacee che ben aggrappate alla roccia, sfidano le sferzate del vento andino. Qualche rivolo d'acqua scende dall'alto e a tratti rimane intrappolato nel ghiaccio. La ruta 52 corre interminabile sull'altopiano e le montagne rocciose che prima la costeggiavano ora fanno da sfondo piu' morbide, quasi di velluto. Tra i massi, scorgiamo un paio di coppie di viscaccia che si scaldano al sole. 

Corre tra le saline, a destra il manto candido del Salar de Olaroz che contrasta col rosato della sabbia, piu' in fondo a sinistra, il Salar de Cauchari , bordato da fitte distese di stipa giallo oro. Proseguiamo il cammino in mezzo a distese di arida terra sabbiosa sporcata da tracce di sale. Alcuni guanachi spiluccano muschi al bordo di piccole lagune e degli uccelli selvatici sguazzano nell'acqua gelida di un rio che dapprima solca la tundra dorata e poi svanisce come assorbito dal suolo riarso. Procediamo e ci appare uno splendido specchio d'acqua blu cobalto che luccica baciato dal sole ai piedi della Cordillera.
 Giunti al passo e sbrigate le pratiche doganali, salutiamo definitivamente l'incantevole Argentina ed entriamo in Cile, per sostarci alcuni giorni prima di varcare il confine con la Bolivia.
La temperatura sale, come l'altitudine. Avanziamo  prevalentemente soli sulla strada che ora  sgomitola su un deserto torrido e sconfinato. Nemmeno la piu' tenace  vegetazione andina resiste a queste latitudini. Non ci sono ombre e il paesaggio sembra non appartenere a questa Terra. L'arena mescolata a pietre, dai toni ruggine e ocra ammanta i rilievi che ondeggiano sull'altopiano che ci porta a superare i 4800 mt s.l.m. e poi, si abbassa gradatamente per un'interminabile discesa, sino a San Pedro de Atacama.


 E ricompaiono sporadici ciuffi spettinati dal vento e cuscinetti spinosi di succulente. E' la Puna, una regione altipianica della Cordillera Andina che copre le zone nordovest dell'Argentina, nordest del Cile, la parte occidentale boliviana e il centro sud del Peru' . Semplicemente fantastica!

lunedì 4 agosto 2014

Verso il confine

 Domenica 03 agosto. Siamo a Tilcara, una tranquilla cittadina a 2500 mt s.l.m. , nota per el Pucara', un'antica fortezza d'epoca inca dove si possono apprezzare, ancora ben conservate, le basse abitazioni in pietra dell'epoca,  con il tetto di legno ricoperto di fango e la chiesa, o meglio il luogo sacro dove si svolgevano cerimonie ancestrali e propiziatorie, invocando il Sole, la Luna, l'Acqua e il Vento.

Il sito sorge nella sommita' del colle ed e' nascosto da numerosi cactus giganti inerpicati sui pendii secchi e polverosi, dominando strategicamente  la Quebrada de Humahuaca.
Lasciata Tilcara, risaliamo la ruta 52 per avvicinarsi il piu' possibile al confine con il Cile e da li' a poco entrare in Bolivia.
Siamo avvolti dalle alte montagne andine, dai colori e forme che variano ad ogni curva. Saliamo e la vegetazione si dirada sino a scorgere solo ciuffi di bionda festuca mossi dal vento che soffia con vigore sopra i 3500 metri. Siamo nella Puna, i vasti altopiani andini che si estendono a nordovest dell'Argentina, a nordest del Cile, ad ovest della Bolivia sino al sud del Peru'.

 Ancora qualche altro tornante e giungiamo al passo a 4170 mt s.l.m. e poi giu', curva dopo curva, la strada scende e cambia scenario: all 'orizzonte intravediamo la Salinas Grandes, una distesa candida di crosta di sale ai piedi di rilievi morbidi dal tono bruciato.
Solo la lingua d'asfalto nero che l'attraversa interrompe il bianco accecante del salar. Cumuli di sale punteggiano la superficie.

Proseguiamo la marcia, non prima di una camminata sulla salina, direzione Susques, piccolo villaggio a 3700 mt s.l.m. , dalle strade polverose di terra rossa, come le case, che le costeggiano. In fondo, una chiesetta bianca in stile coloniale, risalente alla fine del '500, col tetto interamente di legno di cactus e paglia.
Entriamo: e' intima e raccolta, illuminata dalla luce fioca delle candele e il silenzio e' rotto solo dai fedeli che sommessamente recitano il rosario in castillano.

domenica 3 agosto 2014

Northe

Destinazione nord, la ruta 9 ci condurra' verso il confine con la Bolivia, attraversando zone montuose dalle cime arrotondate e altopiani desertici a perdita d'occhio. Si sale di quota sino a oltrepassare i 3000 mt s.l.m. e il sole picchia alto nel cielo terso. Si mimetizzano con la terra le piccole abitazione di fango dei nativi che convivono da generazioni con l'asperita' di questi luoghi e i pascoli di lama e pecore ne sono la loro sopravvivenza.

Man mano che avanziamo, incontriamo dei piccoli villaggi che non si possono ignorare, come Purmamarca, interamente di terra e fango, dalle stradine polverose che conducono al Cerro dai 7 colores, dalle sfumature rosso, rosa, ocra, verde e bianco. Nella piazzetta, dimora da piu' 700 anni un bellissimo esemplare di algorrobo, dal tronco piegato per il peso degli anni.

Procedendo, troviamo Tilcara , ricca di tradizioni indigene, con la sua fortezza di epoca inca, el Pucara' . A seguire, Humahuaca, una cittadina dall'influenza coloniale spiccata, alle cui spalle sfoggia un cordone di rossi rilievi rigati di bianco.
Il buio si avvicina e decidiamo di fermarci in un polveroso paesino a piu' di 3400 mt s.l.m.
Il 2 agosto, al risveglio, tutto e' congelato: la temperatura e' precipitata nella notte a -10º e il Narci borbotta all'avvio. Il sole presto ci riscalda e proseguiamo la marcia sino a Yavi, un villaggio vicinissimo alla frontiera, semi deserto, dalle case interamente di terra e paglia, che deve la sua fama ad una piccola chiesa di fine '600, con gli interni di legno laminati oro e alle finestre lastre di onice semitrasparenti al posto dei vetri.

Venne donata dal marchesato spagnolo come riconoscenza a quanto quest'ultimo ha saputo depredare ai popoli indigeni, a loro insaputa all'inizio, ma rivendicato tre secoli piu' tardi dai nativi stessi. In verita' , ancora oggi continuano a lavorare per delle Compagnie private di investitori stranieri,  che fanno capo a Buenos Aires.

sabato 2 agosto 2014

Verso Salta

Trascorriamo un'altra piacevole giornata in compagnia di Connor e il suo fido amico Mani nella tranquilla e calda Cafayate, a spasso per "bodegas" , a degustare gli ottimi vini che si producono in questa zona ricca di vigneti che, non a caso, e' definita "ruta del vino".
E dopo un pranzo frugale ed aver sfamato Mani con una fettina di filetto, e' giunto il momento di salutare Connor. Chissa' se lo incroceremo ancora su una strada in Bolivia, magari seguito a ruota da Mani?!

Procediamo verso nord, attraversando paesaggi montuosi e  "quebradas" tra rocce color mattone che si innalzano ai lati della strada. Piu' in basso, serpeggia il Rio Las Conchas. Incrociamo l'Obelisco, una roccia dalla forma a colonna, alta piu' di 50 metri che in solitaria si staglia al lato della strada. Piu' avanti, la sosta e' d'obbligo a "el Anfiteatro", un'arena naturale che l'azione erosiva dell'acqua ha plasmato nella roccia sedimentaria , dall'acustica perfetta. E ancora, procedendo per la Quebrada de las Conchas, si incontra la Garganta del Diablo, una profonda fenditura naturale nella roccia rossa.

Scendiamo di quota e il caldo aumenta, la strada corre lungo distese di steppa dorata, alternate a verdi manti di erba medica.
Salta e' la nostra prossima meta. Li' , alla stazione ferroviaria, dovremmo incontrare il mitico "Treno delle nuvole",  il treno che attraversa da Salta a S.Antonio de los Cobres piu' di 200 km di vertiginose montagne della Cordillera Andina, superando in alcuni tratti, i 4000 mt s.l.m.  Il nostro intento era quello di poterlo vedere sfrecciare sulle rotaie in alta quota, tra valichi e gallerie,  ma la notizia che solo due settimane fa e' deragliato a causa dell'alta velocita' all'ingresso di un tunnel in curva, ci ha lasciati basiti.
L'unico modo, quindi, e' vederlo fermo sui binari alla stazione di Salta. Ma, la fortuna non sembra essere dalla nostra: e' nel deposito privato e non si puo' avvicinarlo neanche per una foto. Non ci resta che visitare il museo e scoprirne la storia da un video. Ci giunge all'orecchio, però , che le locomotive sono al deposito della stazione ferroviaria della citta' di General Guemes, a circa 30 km.
Ci precipitiamo, con la speranza di poter vedere dal vivo, le due locomotive che spingono il treno avanti e dietro nel tratto a zig-zag  lungo la Quebrada del Toro.
Eccole, in lontananza, ferme al deposito, le possiamo ammirare soltanto attraverso la rete.  Ma piu' tardi, la nostra pazienza e perseveranza vengono premiate: una di essa si mette in moto e inizia ad avanzare lenta sui binari, ci sfila davanti e si lascia immortalare in uno scatto, come una primadonna!

Primo di agosto: anche Narciso reclama un po' di attenzioni e dopo i suoi primi 15000km dall'Italia, esige un cambio olio e filtri. E Andrea, prontamente, glielo concede, in una calda giornata d'inverno!!!